Omesso versamento Iva: la Corte Costituzionale alza la soglia d'irrilevanza penale
Con la sentenza 8 aprile 2014, n. 80, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 3 Cost., dell’art. 10-ter del d. lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (“Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205”), nella parte in cui, con riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla relativa dichiarazione annuale, per importi non superiori, per ciascun periodo di imposta, ad € 103.291, 38.
Le questioni di legittimità erano state sollevate dai Tribunali di Bologna e Bergamo, in riferimento all’art. 3 Cost.; si osservava, infatti, come la norma incriminatrice dell’omesso versamento dell’imposta, da parte di chi avesse comunque effettuato una corretta dichiarazione del dovuto, fosse punita a partire da una soglia quantitativa più bassa (€ 50.000, 00) di quella fissata per l’analoga condotta di chi non presentasse la dichiarazione IVA o ne presentasse una fraudolenta (rispettivamente € 77.468, 53 ed € 103.291, 38).
Secondo i rimettendo, dunque, la norma denunciata avrebbe violato il principio di eguaglianza, assoggettando il contribuente che, dopo avere regolarmente presentato la dichiarazione annuale IVA, ometta il versamento dell’imposta, ad un trattamento paradossalmente deteriore rispetto a quello riservato al contribuente che non presenti la dichiarazione o presenti una dichiarazione infedele, occultando il debito di imposta: condotte, queste ultime, più insidiose, in quanto implicanti, oltre all’evasione di imposta, anche un ostacolo all’accertamento tributario.
Invero tale situazione è stata modificata a partire dal 2011, allorquando, la soglia di punibilità dell’omessa dichiarazione è stata diminuita ad € 30.000, 00 e quella della dichiarazione infedele ad € 50.000, 00, essendo così venuta meno la disparità di trattamento evidenziata.
Tuttavia, applicandosi le nuove soglie ai soli fatti successivi alla novella (si tratta, infatti, di modifiche peggiorative del trattamento del reo, per le quali è espressamente vietato l’effetto retroattivo), è rimasta operante la disparità di trattamento, in danno dei responsabili dell’omesso versamento, per tutti i fatti antecedenti al 2011.
Per tali ragioni la Consulta, intervenuta sul punto con la sentenza in commento, ha rimosso tale disuguaglianza, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 10-ter del d.lgs. 74/2000, “nella parte in cui, con riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla relativa dichiarazione annuale, per importi non superiori, per ciascun periodo di imposta, ad € 103.291, 38”.
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Secondo i rimettendo, dunque, la norma denunciata avrebbe violato il principio di eguaglianza, assoggettando il contribuente che, dopo avere regolarmente presentato la dichiarazione annuale IVA, ometta il versamento dell’imposta, ad un trattamento paradossalmente deteriore rispetto a quello riservato al contribuente che non presenti la dichiarazione o presenti una dichiarazione infedele, occultando il debito di imposta: condotte, queste ultime, più insidiose, in quanto implicanti, oltre all’evasione di imposta, anche un ostacolo all’accertamento tributario.
Invero tale situazione è stata modificata a partire dal 2011, allorquando, la soglia di punibilità dell’omessa dichiarazione è stata diminuita ad € 30.000, 00 e quella della dichiarazione infedele ad € 50.000, 00, essendo così venuta meno la disparità di trattamento evidenziata.
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