Prelievi bancari: l’inerenza all’attività d’impresa non rientra nell’onere probatorio della società contribuente

maggio 28th, 2017|Articoli, Diritto civile, Matteo Pavia|

In tema di IVA, il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, consente all’amministrazione finanziaria di rettificare su basi presuntive la dichiarazione del contribuente utilizzando i dati relativi ai movimenti su conti bancari dallo stesso intrattenuti. La presunzione, di cui al citato art. 51, di omessa fatturazione di ricavi conseguiti dalla società contribuente, correlata agli accertati prelevamenti operati sui conti correnti bancari, ritenuti “uscite di cassa”, deve ritenersi superata qualora gli assegni siano stati regolarmente contabilizzati dalla medesima società e la stessa, come suo onere, fornisca giustificazioni in ordine al transito ed al conteggio in contabilità dei dati in questione.

La Corte di Cassazione con la ordinanza n. 9761/17 ha affrontato il tema degli accertamenti da parte dell’Agenzia delle Entrate sui prelievi bancari.

Nel caso di specie la Suprema Corte ha accolto il ricorso proposto da una società di trasporti avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, la quale aveva accolto parzialmente l’appello, con il quale la società contribuente aveva impugnato la decisione della Commissione Tributaria Provinciale che ne aveva respinto il ricorso contro un avviso di accertamento relativo a dei prelevamenti bancari del 2007.

Nello specifico la CTR aveva ritenuto che la società in questione non avesse assolto pienamente al proprio onere controprobatorio della presunzione legale di cui all’art. 32 D.P.R. n. 600 del 1973 e 51 D.P.R. n. 633 del 1972, con riguardo non solo all’indicazione dei beneficiari dei prelevamenti bancari e della loro corretta contabilizzazione ma anche alla dimostrazione della loro inerenza all’attività di impresa ex art. 109, comma 5, TUIR.

La società contribuente ha proposto ricorso per Cassazione sulla base della violazione/falsa applicazione da parte della CTR delle predette norme.

Ritenendo valido il motivo del ricorso e alla stregua del principio di diritto sopracitato ed affermato dagli ermellini medio tempore (Cass. Sez. VI, 08/07/2005, n. 14420), la Suprema Corte ha ritenuto che la società non fosse tenuta a dimostrare l’inerenza all’attività d’impresa dei prelevamenti in quanto tale onere probatorio, introdotto erroneamente dalla CTR, non solo non è pertinente con la presunzione legale disposta dagli artt. 32 D.P.R. n. 600 del 1973 e 51 D.P.R. n. 633 del 1972, ma  inoltre tale inerenza, ai sensi proprio dell’art dall’art. 109, comma 5, TUIR, riguarda esclusivamente le componenti negative del reddito d’impresa e non quelle positive che invece sono oggetto del caso de quo.

Dott. Matteo Pavia