Retribuzione globale e premi. L’irriducibilità della retribuzione

settembre 6th, 2012|Articoli, Diritto del Lavoro|

Il lavoratore esponeva come durante tutto il corso del rapporto di lavoro avesse stabilmente percepito oltre alla retribuzione, anche un trattamento denominato “premio presenza” nonché un trattamento denominato “premio di partecipazione” e, infine, un ulteriore trattamento che nell’ambito delle buste paga era denominato “una tantum”, ma che l’azienda usava anche chiamare “premio bonus”.

Il lavoratore chiariva di aver percepito tali premi con regolare cadenza annuale per tutta la durata del rapporto di lavoro dal 2003 al 2006, anche se gli importi erano sempre stati variabili di in anno in anno ed il sistema di calcolo per la quantificazione di tali indennità non era mai stato comunicato al ricorrente, il quale dunque, ignorava quali parametri incidessero con precisione sulla quantificazione stessa.

Il lavoratore evidenziava di essere stato soltanto informato, peraltro, non ufficialmente, del fatto che la quantificazione di tali premi dipendeva dal risultato raggiunto soggettivamente dal lavoratore, ma tenendo conto anche dei risultati raggiunti dall’impresa.

Nell’ambito del ricorso introduttivo ex art.414 c.p.c. si precisava che successivamente alla risoluzione del rapporto il ricorrente aveva percepito il TFR, ma la il datore di lavoro aveva rifiutato il pagamento del “premio di partecipazione” così come del premio denominato “bonus”.

Successivamente veniva pubblicata la sentenza con cui si dichiarava la domanda infondata ritenendo che nell’ipotesi in oggetto non potesse trovare applicazione il principio di irriducibilità della retribuzione sancito dall’art.2103 c.c.

Il Giudice del Tribunale Civile di Roma al fine di escludere il diritto del lavoratore a percepire il premio “bonus” sosteneva le seguenti argomentazioni: a) al momento dell’assunzione non sarebbe stata pattuita, neppure in via eventuale, la corresponsione di alcun bonus; b) l’erogazione di tale premio sarebbe stata caratterizzata dalla variabilità della cifra e non vi sarebbero stati neppure parametri prefissati.

Come noto secondo la costante Giurisprudenza l’obbligo di corrispondere ai lavoratori una determinata attribuzione patrimoniale può sorgere in capo al datore di lavoro anche per effetto di una prassi aziendale (per effetto di una ripetitività regolare e continua) pur se non specificamente contemplata nel contratto di lavoro (v. ex multis Cassazione 2 settembre 1996, n.8027, Zattara c/ Soc. Cesa).

Nel caso di specie trova sostanzialmente applicazione il principio della irriducibilità della retribuzione, dettato dall’art.2103 c.c.,   per il quale, tra l’altro, sino a quando la prestazione viene eseguita con le stesse modalità il datore di lavoro non può ridurre la controprestazione.

Corre l’obbligo di osservare che il premio “bonus” configura una attribuzione retributiva corrisposta al lavoratore in via continuativa annualmente durante tutto il rapporto di lavoro in aggiunta alla normale retribuzione e, pertanto, costituisce a tutti gli effetti un corrispettivo della prestazione di lavoro.

Secondo la dottrina e la giurisprudenza devono ritenersi ricompresi nel concetto di retribuzione globale di fatto tutti i compensi corrisposti al lavoratore aventi carattere continuativo, con esclusione delle prestazioni erogate a titolo di rimborso spese e delle liberalità e/o premi concessi in occasioni particolari ad eventi imprevedibili e fortuiti: “per retribuzione globale di fatto deve intendersi il complesso degli emolumenti corrisposti a carattere continuativo ed, in particolare, oltre quelli che integrano la retribuzione ordinaria (stabilita a livello nazionale dalla contrattazione collettiva), anche quelle ulteriori componenti definite dalla contrattazione aziendale ed individuale”.

La scelta operata dalla Società di continuare a corrispondere periodicamente tale emolumento è, infatti, indicativa della volontà della medesima di adottarlo in maniera definitiva, con la conseguenza che tale attribuzione rientra (per costante prassi aziendale) nella c.d. retribuzione globale di fatto per la quale opera il già citato principio di irriducibilità.

Sempre secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, non occorre neppure accertare la ripetitività regolare e continua e la frequenza delle prestazioni e dei relativi compensi, posto che questi ultimi vanno esclusi dalla nozione di retribuzione globale di fatto solo in quanto sporadici ed occasionali, per tali dovendosi intendersi solo quelli collegati a ragioni aziendali del tutto imprevedibili e fortuite, e dovendosi all’opposto computare gli emolumenti riferiti ad eventi collegati al normale rapporto lavorativo o connessi alla particolare organizzazione del lavoro (v. Cass. 22 agosto 2002, n.12411).

 

Sergio Scicchitano