
Domanda congiunta di divorzio: inammissibile una rinuncia unilaterale
Con l’ordinanza n. 10463/18 la Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma n. 5283/2016, con la quale era stato respinto l’appello avente ad oggetto la sentenza del Tribunale di Viterbo di cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario intercorso tra il ricorrente (marito) e la controricorrente (moglie).
Nel caso di specie il marito-ricorrente, con un unico motivo di riscorso, denunciava il fatto che la Corte d’Appello di Roma non avesse sentito entrambi i coniugi – stante l’assenza, giustificata da ragioni di salute, del ricorrente – anche al fine di tentare la conciliazione degli stessi; il Giudice d’Appello non avrebbe nemmeno tenuto conto della revoca del consenso al divorzio e della rinuncia alla relativa azione da parte della moglie.
Il Collegio ha ricordato che l’art. 4, comma 16, l. n. 898/1970 (c.d. legge sul divorzio) secondo il quale i coniugi devono essere sentiti personalmente in udienza, non aggiunge la necessità del tentativo di conciliazione o l’adozione di provvedimento provvisori ed urgenti da parte del presidente, salvo situazioni particolari a tutela dei figli. Tale norma, precisa la pronuncia in commento, è «conforme alla natura della decisione che il tribunale è chiamato a pronunciare sul divorzio c.d. “congiunto” o “su conclusioni conformi”, la quale incide sull’accordo tra i coniugi», realizzando dunque un controllo esterno e formale dell’accordo negoziale.
Per quanto concerne la mancata valutazione della rinuncia all’azione da parte della controricorrente, la Suprema Corte ha spiegato che il fondamento della “domanda congiunta” di divorzio, ex art. 4 della Legge 898/1970 è da individuarsi nella concorde volontà dei coniugi di dar luogo al divorzio, riconoscendone la sussistenza dei presupposti e di disciplinare conseguentemente le condizioni inerenti alla prole ed i loro rapporti economici.
Pertanto, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso stabilendo che “la “domanda congiunta” di divorzio, richiamandosi ad una iniziativa processuale comune e paritetica che, non corrisponde né alla “somma” di due distinte domande di divorzio né alla “adesione” di una parte alla domanda avanzata dall’altra, debba reputarsi inammissibile una rinuncia unilaterale, poiché alla domanda congiunta possono rinunciare congiuntamente soltanto entrambe le parti (Cass., 08/07/1998, n. 6664)”
Dott. Adriano Izzo

Domanda congiunta di divorzio: inammissibile una rinuncia unilaterale
Con l’ordinanza n. 10463/18 la Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma n. 5283/2016, con la quale era stato respinto l’appello avente ad oggetto la sentenza del Tribunale di Viterbo di cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario intercorso tra il ricorrente (marito) e la controricorrente (moglie).
Nel caso di specie il marito-ricorrente, con un unico motivo di riscorso, denunciava il fatto che la Corte d’Appello di Roma non avesse sentito entrambi i coniugi – stante l’assenza, giustificata da ragioni di salute, del ricorrente – anche al fine di tentare la conciliazione degli stessi; il Giudice d’Appello non avrebbe nemmeno tenuto conto della revoca del consenso al divorzio e della rinuncia alla relativa azione da parte della moglie.
Il Collegio ha ricordato che l’art. 4, comma 16, l. n. 898/1970 (c.d. legge sul divorzio) secondo il quale i coniugi devono essere sentiti personalmente in udienza, non aggiunge la necessità del tentativo di conciliazione o l’adozione di provvedimento provvisori ed urgenti da parte del presidente, salvo situazioni particolari a tutela dei figli. Tale norma, precisa la pronuncia in commento, è «conforme alla natura della decisione che il tribunale è chiamato a pronunciare sul divorzio c.d. “congiunto” o “su conclusioni conformi”, la quale incide sull’accordo tra i coniugi», realizzando dunque un controllo esterno e formale dell’accordo negoziale.
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Pertanto, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso stabilendo che “la “domanda congiunta” di divorzio, richiamandosi ad una iniziativa processuale comune e paritetica che, non corrisponde né alla “somma” di due distinte domande di divorzio né alla “adesione” di una parte alla domanda avanzata dall’altra, debba reputarsi inammissibile una rinuncia unilaterale, poiché alla domanda congiunta possono rinunciare congiuntamente soltanto entrambe le parti (Cass., 08/07/1998, n. 6664)”
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