Elezione di domicilio ex art. 161 c.p.p., quando perde di validità?

settembre 28th, 2019|Alessia Bucci, Articoli, Diritto penale|

La Corte di Cassazione Penale, Sez. V, con sentenza n. 38732/19, è intervenuta sull’istituto dell’elezione di domicilio pronunciando il seguente principio di diritto: “l’art. 161 c.p.p. risponde all’esigenza di semplificare i rapporti tra il privato sottoposto ad indagine e l’autorità pubblica procedente, a rendere certa la comunicazione e più efficace il sistema delle notificazioni; non già ad informare l’indagato sull’imputazione specifica elevata a suo carico (alla qualcosa sono preordinati l’avviso di conclusione delle indagini preliminari e il decreto di citazione a giudizio”.

Pertanto, non vi è ragione di ritenere che l’elezione o la dichiarazione di domicilio perdano di validità se al reato originario – quello che ha comportato la dichiarazione o l’elezione – se ne aggiungano altri ovvero se intervengano modificazioni in ordine alla qualificazione giuridica del reato contestato, dal momento che la funzione dell’istituto non osta ad una siffatta eventualità.

La pronuncia de quo trae origine da un ricorso avverso una sentenza della Corte d’Appello di Torino che aveva rigettato una richiesta di rescissione del giudicato per insussistenza delle condizioni di legge.

Nello specifico, il ricorrente aveva fatto presente di essere stato sottoposto a controllo da agenti della Questura di Torino in data 25.09.2015 e che all’esito del suddetto controllo era stato informato che sarebbe stato denunciato del reato di cui all’art. 495 c.p. in considerazione del fatto che, in date precedenti, aveva dato generalità diverse; aveva, dunque, nominato un proprio difensore di fiducia ed eletto domicilio presso lo stesso.

Senonché, il procedimento non aveva avuto ad oggetto il reato per cui era stata effettuata l’elezione di domicilio, bensì reati diversi, commessi in altri luoghi e tempi.

La Corte d’appello – adita dal condannato ai sensi dell’art. 629 bis c.p.p. – ha rigettato l’istanza in considerazione del fatto che lo stesso aveva eletto domicilio presso il difensore di fiducia, ove gli atti del procedimento erano stati notificati. Conseguentemente, essendo state regolari tutte le notifiche, l’imputato aveva avuto precisa conoscenza del procedimento a suo carico, a nulla rilevando che il procedimento abbia avuto ad oggetto reati ulteriori rispetto a quello per cui l’imputato aveva eletto domicilio.

Nel motivo di ricorso ribadiva, quindi, che il procedimento celebrato dinanzi il Tribunale di Torino aveva avuto ad oggetto reati diversi da quelli per cui era intervenuta l’elezione di domicilio, fatto questo che ha inficiato la tenuto logica e l’intera coerenza della motivazione ai fini della prova della mancata conoscenza della celebrazione del processo e della sua eventuale rimproverabilità all’istante e, comunque, ai fini della stessa invocabilità della presunzione (pur sempre solo relativa) di conoscenza della celebrazione del processo.

In ogni caso, deduceva la mancata incolpevole conoscenza del processo dal momento che non era mai riuscito ad instaurare un rapporto con il difensore fiduciario, il quale aveva dimesso il mandato.

La Suprema Corte rigettava il ricorso.

Invero, l’art. 629 bis c.p.p. consente al condannato, giudicato in absentia, di ottenere la rescissione del giudicato nel caso in cui “provi che l’assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo”.

Tale norma va letta, però, in combinato disposto con l’art. 420 bis c.p.p. il quale sancisce di procedere in assenza dell’imputato che nel corso del procedimento abbia eletto o dichiarato domicilio. La suddetta norma pone, pertanto, una presunzione di conoscenza – iuris tantum – del procedimento a carico del soggetto che abbia eletto o dichiarato il domicilio.

Conseguentemente, la giurisprudenza di legittimità ha ribadito che sussiste una colpevole mancata conoscenza del processo, preclusiva del ricorso di cui all’art. 629 bis c.p.p. in tutti i casi in cui l’imputato non abbia adempiuto agli oneri di diligenza generati dalla conoscenza dell’esistenza del processo, seppure in una fase iniziale, desumibile dall’elezione di domicilio, dalla nomina di un difensore di fiducia, ovvero dall’applicazione di una misura precautelare o cautelare.

È vero – afferma la Suprema Corte – che si tratta di una presunzione non assoluta, superabile con l’indicazione delle circostanze e delle situazioni che hanno impedito all’interessato di sapere, a tempo debito, del processo celebrato a suo carico; ma tale superamento non può avvenire sulla base di pure enunciazioni dell’interessato, dovendo le stesse essere accompagnate dall’indicazione dei fatti preclusivi della conoscenza, in modo da consentire la verifica ex post della serietà e dell’effettività dell’impedimento.

Nel caso di specie, nessun dubbio sussiste sul fatto che il ricorrente abbia avuto contezza del procedimento a suo carico, avendo effettuato regolare elezione di domicilio. Del tutto assertiva appare, dunque, la deduzione contenuta nel ricorso che l’indagato non riusciva a contattare il difensore nominato in quella sede e men che meno ad instaurare con esso alcun rapporto professionale, posto che nulla è stato provato al riguardo.

Alessia Bucci