Immunità parlamentare: i limiti dell'applicabilità tra nesso funzionale e fine divulgativo

maggio 6th, 2014|Articoli, Diritto penale|

La speciale causa di giustificazione di cui all’articolo 68 Costituzione è applicabile solo agli atti tipici inerenti la funzione parlamentare o al più a quelli posti in essere al di fuori della funzione parlamentare sempre che vi sia un nesso funzionale tra le dichiarazioni rese in aula e quelle rese extra moenia, tale che le seconde siano la  divulgazione delle prime.

Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, le dichiarazioni rese extra moenia da un parlamentare sono coperte dalla prerogativa dell’insindacabilità di cui all’art. 68, primo comma, Cost. purché  vi sia il necessario concorso di due requisiti:

  • un legame di ordine temporale fra l’attività parlamentare e l’attività esterna
    […], tale che questa venga ad assumere una finalità divulgativa della prima;
  • una sostanziale corrispondenza di significato tra le opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni e gli atti esterni, al di là delle formule letterali usate […], non essendo sufficiente né una semplice comunanza di argomenti né un mero “contesto politico” entro cui le dichiarazioni extra moenia possano collocarsi […] né il riferimento alla generica attività parlamentare o l’inerenza a temi di rilievo generale, seppur dibattuti in Parlamento […], né, infine, un generico collegamento tematico o una corrispondenza contenutistica parziale» (sentenza n. 305 del 2013).

La Corte Costituzionale confina l’applicabilità della speciale esimente ex art. 68 Cost. entro limiti e confini ben definiti: il nesso funzionale  deve consentire agevolmente di ricondurre le dichiarazioni del parlamentare ad attività politica che lo stesso vuole divulgare al di fuori delle sedi proprie (aula parlamentare) e per ciò tanto le dichiarazioni devono essere temporalmente vicine e assimilabili nel contenuto.

In altre parole, il parlamentare non può usufruire dell’immunità concessa dalla Carta Costituzionale per obiettivi che non siano connessi al suo status di parlamentare; non può nascondere con l’art. 68 Cost. gli attacchi personali e politici ai suoi avversari che nulla hanno a che vedere con le questioni di attualità e politica entro cui lo stesso è chiamato a esprimere la sua opinione, dentro e fuori dal Parlamento.

Gli stretti confini elaborati dalla Giurisprudenza Costituzionale sull’art. 68 Cost. e sul nesso di funzionalità servono proprio ad evitare le “storture” nell’applicazione della garanzia di immunità parlamentare e al contempo di garantire il bilanciamento tra i contrapposti interessi di libertà nell’esercizio delle funzioni di parlamentare e tutela dei diritti fondamentali della persona umana.

In tal senso la recentissima sentenza della Corte Costituzionale n. 55 del 27/03/2014, che chiamata dal Senato della Repubblica a  procedere a un aggiornamento giurisprudenziale del concetto di nesso funzionale fra le opinioni espresse dai membri del Parlamento al di fuori di esso e l’esercizio di attività parlamentari (aggiornamento interpretativo, in particolare, dovrebbe condurre, secondo la difesa del Senato, “a ravvisare la sussistenza di tale nesso funzionale in tutte le occasioni in cui il parlamentare raggiunga il cittadino elettore illustrando la propria posizione», atteso che, in tal modo, si terrebbe conto dell’evoluzione dell’attività politica del parlamentare, la quale sempre più si svolgerebbe anche nelle «sedi informali, quali ad esempio i mezzi di informazione, che oggi ricoprono un ruolo imprescindibile nel dibattito politico”), ha avuto modo di affermare che i criteri discretivi del nesso di funzionalità non possono essere ampliati perché non si può trasformare l’immunità funzionale  in un privilegio personale.

Quanto, infine, alla asserita esigenza di «aggiornamento» interpretativo del concetto di nesso funzionale, che secondo la difesa del Senato dovrebbe ritenersi sussistente in tutte quelle occasioni in cui il parlamentare raggiunga il cittadino-elettore illustrando la propria posizione, questa Corte ha affermato di recente, manifestando un orientamento dal quale non vi è ragione di discostarsi, che una simile tesi «appare […], per la eccessiva vaghezza dei termini e dei concetti impiegati, non compatibile con il disegno costituzionale». Essa, in particolare, «non mette in collegamento diretto opinioni espresse e atti della funzione, ma semplicemente attribuisce allo stesso parlamentare la selezione dei temi “politici” da divulgare; al punto da rendere, in definitiva, lo stesso parlamentare arbitro dei confini entro i quali far operare la garanzia della insindacabilità» (sentenza n. 313 del 2013). Una simile dilatazione del perimetro dell’insindacabilità avrebbe l’effetto di trasformare un’immunità funzionale in un privilegio personale a vantaggio del parlamentare (Corte Costituzionale,   n. 55 del 27.03.2014).

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