Rifiuto esame DNA: non è dolo rilevante per revoca sentenza di riconoscimento paternità
La Corte di Cassazione, con ordinanza del 20 ottobre – 16 dicembre 2015, n. 25317, ha affermato che il mero rifiuto di sottoporsi all’esame del DNA non possa ritenersi comportamento idoneo a sviare la difesa avversaria ed impedire al giudice l’accertamento della verità.
Nel caso di specie, in particolare, un uomo proponeva azione di revocazione straordinaria ex art. 395 comma 1, n. 1 c.p.c. avverso la sentenza d’appello che confermava la paternità naturale dello stesso, assumendo che tale pronuncia fosse il frutto del dolo dell’altra parte (il figlio) il quale si era rifiutato di sottoporsi all’esame del DNA.
La domanda di revocazione veniva rigettata in quanto, nel caso di specie (a) la condotta del figlio era successiva alla sentenza e, quindi, per definizione non poteva avere avuto alcuna efficacia causale rispetto alla decisione adottata; (b) il rifiuto di sottoporsi ad esami non può in alcun modo essere considerato alla stregua di attività fraudolenta, mancando quell’alterazione della realtà che la contraddistingue.
Il ricorso in Cassazione, viene dichiarato inammissibile in quanto le censure mosse dal ricorrente, richiedono una valutazione dei fatti alternativa rispetto a quella del giudice della revocazione e che identifichi nella condotta del figlio naturale un dolo rilevante ai fini dell’accoglimento della propria domanda. Sergio Scicchitano.
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