
Disconoscimento della paternità: la sentenza della Cassazione
La Corte di Cassazione con ordinanza n. 14243/17 depositata il 7 giugno si è nuovamente pronunciata in materia di disconoscimento della paternità.
Nel caso di specie l’azione di disconoscimento della paternità è stata proposta dall’ex marito successivamente alla separazione coniugale, solo dopo essere venuto a conoscenza di una relazione extraconiugale intrattenuta dall’ex moglie durante il loro matrimonio.
La richiesta dell’ex marito è stata accolta dai Giudici di prime cure e successivamente confermata dai Giudici di seconde cure i quali, dopo aver escluso la decadenza dall’azione, hanno accertato che la minore in questione non fosse figlia dell’uomo.
Avverso tale decisione della Corte d’Appello di Trento propone ricorso l’ex moglie censurando con un unico motivo la violazione degli artt. 235, 244, 2697 e 2727 del Codice Civile.
I Magistrati della Suprema Corte, dopo aver riconosciuto l’inammissibilità del motivo addotto dalla ricorrente poiché avrebbe richiesto una rivalutazione dei fatti di causa, hanno rammentato il principio di diritto secondo cui “la scoperta dell’adulterio, commesso all’epoca del concepimento, va intesa come acquisizione certa della conoscenza, e non come mero sospetto, di un fatto – non riducibile, perciò, a mera infatuazione, o a mera relazione sentimentale, o a mera frequentazione della moglie con un altro uomo – rappresentato o da una vera e propria relazione, o da un incontro idoneo a determinare il concepimento del figlio: quindi, il termine di decadenza per l’esercizio dell’azione è correlato alla scoperta in maniera certa dell’adulterio”.
Alla luce di tali considerazioni la Corte ha pertanto dichiarato inammissibile il ricorso condannando la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente.
Dott.ssa Carmen Giovannini

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La richiesta dell’ex marito è stata accolta dai Giudici di prime cure e successivamente confermata dai Giudici di seconde cure i quali, dopo aver escluso la decadenza dall’azione, hanno accertato che la minore in questione non fosse figlia dell’uomo.
Avverso tale decisione della Corte d’Appello di Trento propone ricorso l’ex moglie censurando con un unico motivo la violazione degli artt. 235, 244, 2697 e 2727 del Codice Civile.
I Magistrati della Suprema Corte, dopo aver riconosciuto l’inammissibilità del motivo addotto dalla ricorrente poiché avrebbe richiesto una rivalutazione dei fatti di causa, hanno rammentato il principio di diritto secondo cui “la scoperta dell’adulterio, commesso all’epoca del concepimento, va intesa come acquisizione certa della conoscenza, e non come mero sospetto, di un fatto – non riducibile, perciò, a mera infatuazione, o a mera relazione sentimentale, o a mera frequentazione della moglie con un altro uomo – rappresentato o da una vera e propria relazione, o da un incontro idoneo a determinare il concepimento del figlio: quindi, il termine di decadenza per l’esercizio dell’azione è correlato alla scoperta in maniera certa dell’adulterio”.
Alla luce di tali considerazioni la Corte ha pertanto dichiarato inammissibile il ricorso condannando la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente.
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