
Sindaco caccia assessore dal Consiglio Comunale: è abuso d'ufficio?
Il caso è stato deciso dalla Corte di Cassazione, precisamente dalla Sezione VI Penale, con la sentenza n. 27794/2017, depositata il 05.06 u.s.
Dopo un acceso dibattito durante un’assemblea comunale, il Sindaco, forse stremato dalle continue tensioni, ha disposto l’allontanamento dall’aula di un assessore, anche per il tramite dell’intervento delle forze dell’ordine.
Proprio questo comportamento è stato oggetto del giudizio del Tribunale di primo grado, il quale, senza apparenti dubbi in merito alla sua qualificazione, lo ha aspramente ricondotto alla fattispecie di reato di cui all’articolo 323 del Codice Penale, ovverosia l’abuso d’ufficio, condannando il primo cittadino a ben sei mesi di reclusione.
Avverso l’infausta pronuncia è stato proposto Appello.
I giudici del Gravame, pur ritenendo integrato l’illecito penale dell’abuso d’ufficio, hanno però giudicato il Sindaco non punibile, sulla base dell’attenuante generica prevista dal nuovo articolo 131bis del Codice Penale, cioè per la particolare tenuità del fatto.
Avverso tale ultima pronuncia è comunque ricorso in cassazione il sindaco lamentando la mancanza dell’elemento soggettivo del reato.
La Suprema Corte ha avuto occasione di affermare che nel caso abuso d’ufficio il dolo intenzionale riguarda solo l’evento del reato ossia l’ingiusto vantaggio patrimoniale o danno ingiusto non anche la condotta per la quale è richiesto il solo dolo generico.
Nel caso in discussione la Corte di Cassazione ha ritenuto non provato che la condotta del Sindaco fosse diretta esclusivamente ad impedire la prosecuzione dell’intervento dell’Assessore e dunque ad inibire la sua funzione pubblica arrecandogli un danno all’immagine.
Piuttosto secondo la Suprema Corte il comportamento del Sindaco era finalizzato ad assicurare il regolare svolgimento della seduta del Consiglio.
In conclusione gli Ermellini hanno cassato senza rinvio la sentenza dichiarando che il fatto non costituisce reato.
Dott.ssa Carlotta Mastrantoni

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Proprio questo comportamento è stato oggetto del giudizio del Tribunale di primo grado, il quale, senza apparenti dubbi in merito alla sua qualificazione, lo ha aspramente ricondotto alla fattispecie di reato di cui all’articolo 323 del Codice Penale, ovverosia l’abuso d’ufficio, condannando il primo cittadino a ben sei mesi di reclusione.
Avverso l’infausta pronuncia è stato proposto Appello.
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