Crisi di impresa. Piano di risanamento interno e quello esterno

ottobre 1st, 2018|IMPRESE|

Il piano di risanamento si definisce “interno” quando non viene traslato all’interno di una procedura di composizione della crisi di impresa contemplati dalla Legge Fallimentare (come i piani attestati di risanamento previsti dall’art. 67 della L.F., il concordato preventivo o gli accordi di ristrutturazione dei debiti) e quindi senza il coinvolgimento dei creditori.

Invece si definisce “esterno” il piano di risanamento che contempla il coinvolgimento del ceto creditorio attraverso gli strumenti stragiudiziali (piani attestati di risanamento) o giudiziali (concordato preventivo, accordi di ristrutturazione ecc..) contemplati dalla Legge Fallimentare.

È vero, e di certo non si può negare, che nel tentativo di porre rimedio alla crisi di impresa il legislatore ha inteso potenziare o introdurre ex novo nell’ordinamento concorsuale strumenti di composizione “concordata” della crisi di impresa e, quindi, soluzioni fondate sull’accordo tra il debitore ed il ceto creditorio (accordi che rappresentano l’essenza di istituti quale il concordato preventivo o gli accordi di ristrutturazione).

Tuttavia non si può nemmeno negare che nell’ambito di qualunque strumento di composizione della crisi di impresa assume un ruolo centrale proprio l’elaborazione da parte dell’imprenditore “in crisi” di un “piano di risanamento” e quindi di un documento programmatico delle attività ed iniziative occorrenti per uscire dalla crisi di impresa.

Infatti, a ben vedere, quello che nell’istituto del concordato preventivo si chiama “piano concordatario” e che viene sottoposto al vaglio del Tribunale e alla successiva approvazione dei creditori, altro non è che un piano di risanamento e quindi l’elaborazione di un programma di attività ritenute idonee per far uscire l’impresa dallo status di crisi.

Allo stesso modo, nei cosiddetti “accordi di ristrutturazione”, l’accordo proposto dall’imprenditore ai creditori (e che deve essere approvato almeno dal 60% del ceto creditorio) altro non è che un piano di risanamento finalizzato a far uscire l’impresa dalla crisi.

In sostanza, indipendentemente dallo strumento al quale si ritiene di dover ricorrere per uscire dalla crisi d’impresa, assume un ruolo centrale l’iniziativa dell’imprenditore in crisi nell’elaborazione del c.d. “piano di risanamento”.

Si evidenzia che l’imprenditore in crisi molto spesso stenta ad assumere una tale iniziativa in quanto, soprattutto se ritiene di avere perso credibilità al cospetto del ceto creditorio, ha timore ad esporsi nei confronti di quest’ultimo attraverso la prospettazione di programmi di risanamento che potrebbero erroneamente essere intesi dai creditori come manifestazione della volontà di sottrarsi al soddisfacimento del credito.

Tuttavia si deve considerare che l’ausilio di un professionista, esperto in materia concorsuale e societaria, è in grado di dissipare ogni remora ed ogni timore.

Infatti proprio il professionista esperto, al quale ogni imprenditore in crisi dovrebbe rivolgersi, cammina al fianco dell’imprenditore in tutto il tempo occorrente per l’ideazione, la predisposizione e l’attuazione del piano di risanamento, lo guida con sicurezza nelle scelte operative (individuando quelle più opportune e scartando quelle invece impraticabili).

Inoltre l’ausilio del professionista che assiste l’imprenditore in crisi, proprio al momento della predisposizione del piano di risanamento, consente di fornire al programma di risanamento le giuste motivazioni, rendendolo condivisibile da parte dei creditori e di possibili investitori ed evitando il rischio che lo stesso si traduca in uno sterile elenco di dati numerici che mutano nel tempo.

Infine occorre considerare che se il “piano di risanamento” è destinato ad essere inserito nell’ambito di un concordato preventivo, di un accordo di ristrutturazione dei debiti o di una transazione fiscale deve, necessariamente, essere in linea e rispettoso delle norme specifiche dettate dal legislatore, principalmente nella Legge Fallimentare, per tali tipologie di istituti e rispettarne obblighi e divieti.

Si consideri anche che il “piano di risanamento”, in quanto documento programmatico che nella normalità di casi è destinato ad essere portato a conoscenza di terzi, dovrà in ogni caso rispettare le norme previste dal codice civile o da leggi speciali in tema di comunicazioni sociali e in tema di riservatezza delle informazioni aziendali.

In tali ultime ipotesi l’ausilio di un professionista si palesa addirittura necessario in quanto – oltre che consentire all’imprenditore di “guardare avanti” e di ragionare con fiducia e ottimismo in termini di rilancio dell’impresa – conosce anche la normativa di riferimento e le forme richieste dall’ordinamento giuridico per la corretta predisposizione e prospettazione del piano di risanamento.

In conclusione occorre tenere presente che uscire dalla crisi d’impresa, attraverso un piano di risanamento “interno” od “esterno” che sia, è oggi divenuto possibile attraverso l’ausilio dei numerosi strumenti all’uopo predisposti dal legislatore e messi a disposizione degli imprenditori e dei professionisti che li assistono in una fase molto delicata della vita dell’impresa.

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