Durata rapporto di natura concessoria: decide il giudice amministrativo

“Rientra nell’ambito dei poteri del giudice amministrativo determinare quale sia l’effettiva durata di un rapporto avente natura concessoria, a maggior ragione quando sia contestata la legittimità di un atto con cui l’Amministrazione – nell’esercizio di un proprio potere di autotutela – rimuova il provvedimento che in precedenza aveva rilevato il suo termine finale”: questo è quanto affermato dal Consiglio di Stato, sezione III, con la sentenza n. 5040 del 30 novembre 2016.

Nel caso di specie, l’ASL TO 3 ricorreva in appello avverso la sentenza del TAR del Piemonte che aveva accolto il ricorso n 182 del 2015 che, per l’effetto, ha annullato la sua deliberazione concernente la data di avvio, e quindi la durata, del servizio calore in alcuni presidi sanitari, affidato in concessione a seguito di procedura di project-financing,

Avverso la sentenza del TAR, l’ASL TO 3 proponeva ricorso in appello, deducendo l’erroneo mancato accoglimento delle proprie eccezioni d’inammissibilità per carenza di giurisdizione e per difetto d’interesse e deducendo, con un’unica censura, la “violazione e falsa applicazione di norme di legge con particolare riferimento agli artt. 1362, 1363, 1366 e 1369 c.c.; la omessa e/o insufficiente motivazione, il travisamento dei fatti e delle risultanze istruttorie“.

Il Consiglio di Stato, in primo luogo, ha esaminato la censura concernente il mancato accoglimento, da parte del TAR, dell’eccezione di difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo, riproposta in appello dall’Azienda Sanitaria sul presupposto che ”il richiamo all’art. 133, comma 1, lett, c) del Codice del processo amministrativo formulato dal TAR sia inconferente alla fattispecie oggetto di giudizio e che la presente controversia appartenga invece alla giurisdizione del Giudice Ordinario, in quanto attinente alla fase esecutiva del contratto”.

A tal proposito, secondo i giudici di Palazzo Spada, “l’eccezione – come esattamente rilevato dal TAR- non era peraltro fondata, in quanto la prestazione principale del rapporto contrattuale in esame è la gestione decennale delle centrali termiche all’interno dei Presidi ospedalieri di Giaveno, Susa e Avigliana (beni pubblici al servizio della collettività) e pertanto – anche alla luce del principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione nell’Ordinanza n. 13864/2015 – il contratto stipulato tra le parti è qualificabile come atto concessorio di un bene pubblico, nonché di un servizio pubblico, con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c), del D.Lgs n. 104/2010, le controversie ad essa relative sono sottoposte in via generale alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Del resto, il giudizio ha ad oggetto un provvedimento amministrativo (l’atto 16 dicembre 2014, n. 3951), attraverso il quale l’Amministrazione ha esercitato poteri pubblicistici, disponendo il sostanziale annullamento (per illegittimità per erroneità dei presupposti) di un precedente atto amministrativo, mentre gli effetti patrimoniali relativi al distinto recesso anticipato e alla quantificazione dell’indennizzo sono temi esclusi dalla presente controversia e oggetto di un separato giudizio avanti il Giudice Ordinario”.

Anche la seconda eccezione proposta in primo grado dall’appellante, di carenza di interesse del ricorrente per carenza di lesività del provvedimento impugnato, “è stata esattamente ritenuta dal TAR non fondata, in quanto, come correttamente rilevato dal TAR, al di là del contenuto della delibera impugnata e del nomen juris utilizzato, il carattere provvedimentale dell’atto è confermato dagli effetti dallo stesso prodotti su un precedente atto amministrativo e dalla sua natura di atto presupposto per il successivo procedimento di recesso contrattuale, poi avviato dall’ASL TO 3”.

Inoltre, “la giurisdizione del giudice amministrativo risulta altresì confermata dalla evidenziata natura pubblica provvedimentale, e quindi di diritto amministrativo, dell’attività dell’ASL dedotta in giudizio, avendo il giudizio in esame ad oggetto un provvedimento amministrativo attraverso il quale l’Amministrazione ha autoritativamente disposto l’annullamento parziale di un precedente atto amministrativo, pur al limitato fine di precisare l’esatta durata della concessione del pubblico servizio”.

Infine, “quanto alle ulteriori censure, di ordine sostanziale, considera il Collegio che il nodo sostanziale della controversia concerne la iniziale previsione della durata della concessione in esame, e quindi il computo della sua durata residua al momento della sua successiva revoca, anche ai fini della quantificazione dell’indennizzo dovuto dall’Amministrazione appellante all’impresa ricorrente in primo grado a seguito del suo recesso anticipato ai sensi dell’art. 134 del Codice dei contratti pubblici e dell’art. 19 del contratto di concessione vigente tra le parti”.

L’appello, di conseguenza, veniva respinto.

Dott. Andrea Paolucci