Corte di Strasburgo: mail aziendale può essere controllata dal datore di lavoro

La Corte Europea dei diritti dell’uomo, con sentenza del 12 gennaio 2016 n. 61496/08, stabilisce che il datore di lavoro può accedere alle conversazioni private se effettuate con i mezzi messi a disposizione dall’azienda per l’espletamento del proprio lavoro.

Nel caso di specie, nell’ambito di una società privata, era stato creato un account email, unicamente per rispondere alle domande dei clienti dell’azienda. L’account è stato monitorato dal 5 al 13 luglio 2013, ed è stato constatato che il lavoratore ne faceva un regolare ed eccessivo uso per inviare e ricevere messaggi personali, con la fidanzata ed il fratello, aventi ad oggetto la propria salute e la propria vita sessuale. La conseguenza è stata il licenziamento.

Il ricorrente impugna il licenziamento lamentando una violazione della sua corrispondenza privata, protetta dalla Costituzione del suo paese e dal Codice Penale stesso. Sia in primo grado che in Appello è stato giudicato lecito il licenziamento del datore di lavoro.

L’art. 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, rubricato Rispetto della vita privata e familiare, recita al comma 1: Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.

La questione viene, dunque, portata all’attenzione della Corte Europea che, nelle numerose pagine della decisione, stabilisce che, in base al tenore dell’articolo suddetto, in condizioni normali nessun datore di lavoro può accedere alle email personali dei propri dipendenti.

Ma data l’ampiezza del diritto previsto dall’articolo e tenendo conto degli interessi confliggenti nel caso di specie, la CEDU ha ritenuto lecito il comportamento del datore di lavoro. Infatti innanzitutto l’account email era stato creato unicamente con lo scopo di rispondere alle domande che i clienti ponevano, pertanto il datore di lavoro era pienamente autorizzato a controllare le suddette email. Inoltre rientra tra i suoi compiti monitorare che i propri dipendenti, durante l’orario lavorativo, svolgano i loro adempimenti professionali. Nel caso di specie, per di più, il lavoratore era stato preventivamente avvertito, all’atto della firma del contratto, che era severamente vietato nell’azienda utilizzare i mezzi di comunicazione aziendali per scopi privati.

In conclusione, la Corte Europea, sottolineando la liceità del comportamento in esame, ha precisato che il monitoraggio realizzato dal datore di lavoro, per muoversi nel rispetto del diritto alla privacy, deve rispettare determinati principi fondamentali: finalità, trasparenza, legittimità, proporzionalità, precisione, sicurezza e personale consapevolezza.

Dott.ssa Claudia Barbara Bondanini