La compatibilità dell’aberratio ictus e il disegno criminoso

Con sentenza n. 4119 del 15.01.2019 – depositata il 4.03.2019 – la Corte di Cassazione ha affermato il principio della configurabilità del medesimo disegno criminoso nonostante sia accertato il cosiddetto reato aberrante, ovvero un errore nell’esecuzione del reato.

Il caso di specie ha come protagonista un affiliato al clan mafioso dei “Chiofaliani”, condannato per quattro omicidi con quattro diverse sentenze. In sede di esecuzione il difensore chiedeva l’applicazione dell’art. 671 del c.p.p., il quale consente al giudice dell’esecuzione di applicare la disciplina del concorso formale e del reato continuato ex. art. 81 c.p.

La Corte d’Assise d’Appello escludeva l’applicabilità di tale disciplina sul presupposto che, gli omicidi realizzati non potessero considerarsi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Il diniego verteva su due distinti punti:

  1. Escludeva la continuazione tra i reati -scopo (gli omicidi) e il reato associativo, sull’assunto che la semplice partecipazione ad associazione mafiosa non prevedesse la commissione di un omicidio estraneo all’attività dell’associazione.
  2. Escludeva la sussistenza del vincolo della continuazione poiché si verteva in ipotesi di reato aberrante (reato commesso per errore su persona diversa dalla vittima designata).

La Cassazione, in merito al primo punto, afferma la necessità di operare una distinzione tra l’ipotesi di una continuazione verticale – tra i singoli delitti e il reato associativo –  e quella, invece, avanzata in sede di esecuzione, di riconoscimento di una  continuazione cosiddetta orizzontale – cioè tra i vari reati scopo e quindi tra i vari omicidi.

Con riferimento al secondo motivo di diniego, la Corte esclude parimenti che l’ipotesi di aberratio ictus potesse di per sé eliminare la sussistenza di un medesimo disegno criminoso.

Infatti, quando per errore l’offesa cade su persona diversa da quella a cui era diretta siamo di fronte ad un errore nell’esecuzione materiale. Quest’ultimo non incide sul processo ideativo e volitivo del reato, che dal punto di visto soggettivo (dolo) non è in alcun modo modificato.

Date queste premesse, la Corte afferma che non vi è ragione di negare la configurabilità del disegno criminoso quando uno dei reati – parte del disegno – abbia avuto un esito diverso da quello previsto: «tale evenienza non muta, infatti, i termini dell’accertamento dell’elemento psicologico richiesto per l’integrazione della continuazione che deve riguardare la riconducibilità a una comune e unitaria risoluzione criminosa del fatto reato così come in origine programmato».

La Corte di Cassazione, dunque, accoglie le doglianze presentate dal ricorrente, annulla la sentenza d’Appello e rinvia alla corte per un nuovo esame dell’istanza.

Diana De Gaetani