Bollette acqua su consumi presunti: lo stop da Catanzaro

La bolletta dell’acqua è un atto emesso da chi pretende il pagamento e, pertanto, non dimostra assolutamente nulla” … “in caso di contestazione è onere del Comune dimostrare la correttezza della misurazione secondo gli effettivi consumi d’acqua da parte dell’utente. Aver determinato i consumi in base a “criteri presuntivi”, senza aver accertato i consumi reali mediante la lettura periodica del contatore, rende inesigibile la pretesa relativa ai canoni acqua”.

È quanto stabilito da una recente pronuncia emessa in data 3 maggio 2018 dall’Ufficio del Giudice di Pace di Catanzaro.

Ebbene, l’innovativa sentenza de qua prendeva avvio dalle doglianze di un utente del capoluogo calabrese che, vistasi giungere da parte del Comune la richiesta di pagamento di una somma di danaro a titolo di “bolletta” per il consumo idrico marcatamente esosa rispetto all’effettivo utilizzo dell’acqua, si rivolgeva alla sede Codacons di Catanzaro lamentando l’erroneità dei calcoli effettuati dall’Ente territoriale di riferimento.

A fronte di una tale situazione, la predetta associazione di consumatori decideva di sostenere nel giudizio – nel frattempo incardinato presso l’Ufficio del Giudice di Pace di Catanzaro – le ragioni dell’indignato utente.

A scaturire è stata una pronuncia molto interessante che apre la strada al legittimo esercizio del potere di tassazione degli enti comunali con specifico riferimento al tributo locale riguardante le risorse idriche.

Infatti, il Giudice di Pace adito – aderendo alla tesi difensiva del consumatore – ha, non solo dichiarato la nullità della pretesa pecuniaria reclamata dal Comune di Catanzaro a titolo di canone acqua a mezzo ingiunzione di pagamento, ma altresì condannato in via solidale l’Ente impositore e la società di riscossione al pagamento delle spese del giudizio evidenziando che l’onere di provare in giudizio l’esattezza dei criteri di misurazione e dei conseguenti calcoli, in ipotesi di contestazione dell’atto impositivo da parte degli utenti, spetti sempre e comunque all’Ente di riferimento.

Ebbene, la sentenza in questione ha invertito la tendenza a consentire che gli enti comunali abusino del loro potere autoritativo notificando, con riferimento alle “bollette dell’acqua”, delle richieste economiche fondate su calcoli squisitamente forfettari e presuntivi.

Ha stabilito invero che gli enti comunali siano tenuti ad emettere degli atti impositivi che siano fondati sul calcolo del consumo effettivo dell’utente, operato mediante dei controlli periodici da effettuarsi attraverso l’attività di tecnici incaricati del servizio di analisi e visualizzazione dei contatori.

Avv. Ermanno Scaramozzino