Revoca delle misure di accoglienza: la sentenza del Consiglio di Stato

“La revoca delle misure di accoglienza appare gravemente pregiudizievole per i diritti fondamentali del richiedente asilo, a fronte di un fatto di modestissimo allarme sociale”: questo è quanto affermato dal Consiglio di Stato, sezione III, con le ordinanze n. 318 e 319 del 25 gennaio 2018.

Con le ordinanze cautelari n. 712 e 713 del 5 dicembre 2017, il TAR Toscana, sez. II, rigettava l’istanza di sospensiva proposta dei ricorrenti, richiedenti asilo, avverso la revoca delle misure di accoglienza.

Tale provvedimento impugnato era stato posto in essere in virtù del fatto che erano stati colti mentre rubavano da dei cassonetti dei vestiti usati.

Le predette ordinanze venivano impugnate per la loro riforma dinanzi al Consiglio di Stato.

All’esito dell’udienza in camera di consiglio, i Giudici di Palazzo Spada accoglievano gli appelli cautelari e per l’effetto, in riforma delle ordinanze impugnate, sospendevano i provvedimenti impugnati in primo grado.

In particolare, i Giudici del Consiglio di Stato, infatti, hanno accolto la tesi secondo cui il TAR Toscana non aveva, sul piano del fumus boni iuris, correttamente applicato quanto disposto dall’art. 23, co. 1, lett. e), d.lgs. n. 142/2015 in quanto, nel caso in esame, non ricorreva nessuna delle ipotesi disciplinate dal citato articolo.

Invero, l’art. 23, co. 1, lett. e), d.lgs. n. 142/2015 prevede che “il prefetto della provincia in cui hanno sede le strutture di cui all’articolo 14, dispone, con proprio motivato decreto, la revoca delle misure d’accoglienza in caso di: (…) e) violazione grave o ripetuta delle regole delle strutture in cui è accolto da parte del richiedente asilo, compreso il danneggiamento doloso di beni mobili o immobili, ovvero comportamenti gravemente violenti”.

L’articolo, dunque, prevede la revoca delle misure d’accoglienza in caso di violazione delle regole delle strutture e, pertanto, in caso di fatti interni al centro di accoglienza, cosa che però non è avvenuta nel caso di specie.

Dal punto di vista del periculum in mora, invece, i Giudici amministrativi hanno ritenuto che la misura dinnanzi a loro impugnata sia gravemente pregiudizievole per i diritti fondamentali dei ricorrenti a fronte di un fatto di modestissimo allarme sociale – furto di indumenti depositati all’interno di un cassonetto adibito alla raccolta degli stessi – tanto è vero che la stessa Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lucca ha chiesto l’archiviazione per la particolare tenuità del fatto.

Dott. Andrea Paolucci