Tutela della concorrenza: i limiti per il legislatore regionale
Con sentenza depositata il 15 maggio 2014, n. 125 la Corte Costituzionale ha affrontato nuovamente il tema della tutela della concorrenza, sotto un aspetto peculiare: il riparto delle competenze ex art. 117 Cost. tra organi statali e organi regionali.
In particolar modo, ad essere sottoposti a censura sono stati gli artt. 9, 43 e 44 della Legge della Regione Umbria 6 maggio 2013, n. 10, che stabilivano una serie di limitazioni rispetto alle distanze minime obbligatorie per attività appartenenti allo stesso “polo commerciale”, ovvero alla medesima tipologia di esercizio, nonché dei vincoli all’utilizzo continuato degli apparecchi per le modalità di rifornimento senza servizio negli impianti stradali di distribuzione dei carburanti.
Osservano i Giudici della Consulta, riferendosi ad un indirizzo giurisprudenziale consolidato, che “la liberalizzazione da intendersi come razionalizzazione della regolazione, costituisce uno degli strumenti di promozione della concorrenza capace di produrre effetti virtuosi per il circuito economico. (…) L’eliminazione degli inutili oneri regolamentari, mantenendo però quelli necessari alla tutela di superiori beni costituzionali, è funzionale alla tutela della concorrenza e rientra a questo titolo nelle competenze del legislatore statale. (…) La materia «tutela della concorrenza», dato il suo carattere «finalistico», non è una «materia di estensione certa» o delimitata, ma è configurabile come «trasversale», corrispondente ai mercati di riferimento delle attività economiche incise dall’intervento e in grado di influire anche su materie attribuite alla competenza legislativa, concorrente o residuale, delle Regioni”.
È stato dunque ribadito il principio secondo cui, in materia di tutela della concorrenza, i vincoli sull’accesso all’attività di impresa posti dalle leggi regionali sono considerati non solo un’ingiustificata lesione della libertà di iniziativa economica ex art. 41 della Costituzione, bensì in una vera e propria intrusione nelle competenze esclusive dello Stato, previste, come noto, dall’art. 117 secondo comma, lettera e) della Carta Costituzionale.
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Osservano i Giudici della Consulta, riferendosi ad un indirizzo giurisprudenziale consolidato, che “la liberalizzazione da intendersi come razionalizzazione della regolazione, costituisce uno degli strumenti di promozione della concorrenza capace di produrre effetti virtuosi per il circuito economico. (…) L’eliminazione degli inutili oneri regolamentari, mantenendo però quelli necessari alla tutela di superiori beni costituzionali, è funzionale alla tutela della concorrenza e rientra a questo titolo nelle competenze del legislatore statale. (…) La materia «tutela della concorrenza», dato il suo carattere «finalistico», non è una «materia di estensione certa» o delimitata, ma è configurabile come «trasversale», corrispondente ai mercati di riferimento delle attività economiche incise dall’intervento e in grado di influire anche su materie attribuite alla competenza legislativa, concorrente o residuale, delle Regioni”.
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