Strutture-ombrellone non autorizzate dal Comune: la sentenza del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato ha pronunciato sentenza favorevole circa l’inserimento di strutture-ombrellone non previste nel progetto inizialmente autorizzato dal Comune in quanto considerati elementi di arredo e non idonei a un aumento della superficie utile e di volume.
Il Comune di Livigno rilasciava ad una Società alberghiera un titolo abilitativo per varianti in corso d’opera relativamente a una terrazza scoperta annessa ad un ristorante per la realizzazione di una pedana ove collocare quanto necessario per l’attività di ristorazione.
Alla stessa veniva rilasciata ulteriore autorizzazione per l’installazione di una struttura-ombrellone (gazebo) con telaio metallico e copertura in PVC a protezione del banco bar esterno.
Senonché il Comune affermava la difformità delle suindicate opere rispetto a quanto previsto nel progetto iniziale, segnalandone l’ampliamento della terrazza-bar e del corridoio d’ingresso, una diversa sistemazione degli arredi, e soprattutto l’installazione di altri quattro gazebo.
Posto che non era stata richiesta sanatoria, il Comune con ordinanza ne ingiungeva la rimozione.
L’ordinanza non veniva impugnata, anzi già alcune opere erano state rimosse con conseguente istanza al Comune di sanatoria e di accertamento della compatibilità delle opere realizzate.
Nonostante il parere di compatibilità paesaggistica di tali opere da parte della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio, la competente Commissione comunale riteneva che esse fossero state realizzate in contrasto con gli articoli 167, comma 4, lettera a) e 181, comma 1 ter, lett. a) del decreto legislativo n. 42/2004, e adottava il provvedimento di diniego della compatibilità paesaggistica.
Avverso quest’ultimo veniva così presentato ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale, che veniva accolto, in quanto, con riferimento al parere favorevole vincolante della Soprintendenza, le opere contestate erano da considerarsi elementi di arredo e comunque non comportavano un aumento della superficie utile e di volume, trattandosi di ombrelloni di copertura che si aprono e chiudono giornalmente ed essendo questi identici a quello già autorizzato.
Tale pronuncia veniva quindi sottoposta al giudizio del Consiglio di Stato tramite gravame, ma sulla base delle stesse argomentazioni il Giudice di secondo grado ha ritenuto l’appello infondato, affermando l’adeguatezza, la compiuta coerenza e la logicità di argomentazioni della sentenza di primo grado.
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Posto che non era stata richiesta sanatoria, il Comune con ordinanza ne ingiungeva la rimozione.
L’ordinanza non veniva impugnata, anzi già alcune opere erano state rimosse con conseguente istanza al Comune di sanatoria e di accertamento della compatibilità delle opere realizzate.
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