Remissione tacita della querela: la Cassazione ridefinisce il suo orientamento
La Corte di Cassazione, V sezione penale, con sentenza n. 29209/2016 ha modificato il suo precedente orientamento enunciando il nuovo principio di diritto secondo cui: “Tenuto conto del principio generale del favor conciliationis, cui è improntato il sistema normativo che regola il procedimento penale dinnanzi al Giudice di Pace, e che esso è collocabile nell’ambito del più ampio principio della ragionevole durata dei processi, la mancata comparizione del querelante – previamente e chiaramente avvisato del fatto che l’eventuale successiva assenza possa essere intrepretata come volontà di non perseguire nell’istanza di punizione – integra gli estremi della remissione tacita, sempre che lo stesso querelante abbia ricevuto personalmente detto avviso, non sussistano manifestazioni di segno opposto e nulla induca a dubitare che si tratti di perdurare assenza dovuta a libera e consapevole.”
Nel caso di specie, non essendo il querelante comparso per ben 5 udienze, anche dopo che l’ufficio del Giudice di Pace gli aveva notificato l’avvertimento secondo cui la sua ulteriore assenza sarebbe stata qualificata come manifestazione della volontà di rimettere la querela, la Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dal Procuratore generale presso la Corte di Appello di Lecce.
Con tale ricorso, infatti, il Procuratore lamentava l’erronea applicazione dell’art. 152 c.p. nella misura in cui la mancata comparizione in udienza del querelante non può essere ritenuta quale comportamento processuale omissivo dal quale dedurre una remissione tacita di querela.
Mentre in precedenza l’orientamento di legittimità avvalorava le doglianze del Procuratore, ad oggi la Corte ha riformulato le proprie considerazioni in merito.
Nel 2008 le Sezioni Unite, con sentenza n. 46088/2008, partivano dal concetto che la mancata comparizione del querelante in udienza non necessariamente deve significare che lo stesso non abbia intenzione di proseguire il processo e, pertanto, non possono considerarsi integrati gli estremi della rimessione tacita di querela.
Al contrario, con tale nuova pronuncia, la Cassazione ha mutato tale orientamento prendendo le mosse dai principi che regolano il nostro sistema normativo ed in particolare quelli attinenti al procedimento davanti al Giudice di Pace.
Il principio imperatore che regola il procedimento davanti al Giudice di Pace è principalmente quello di deflazionare il contenzioso penale tipicamente bagatellare ed accelerare la decisione attraverso gli strumenti, di natura conciliatoria, tipici di tale Giudice, ad esempio come la remissione di querela.
Alla luce di quanto premesso, appare quindi evidente che il comportamento posto in essere dalla persona offesa potrebbe essere tradotto dal Giudice di Pace come un’effettiva mancanza della volontà di voler proseguire il processo.
La Corte ha voluto altresì precisare che la rimessione tacita di querela deve concretizzarsi in quel comportamento, realizzato dalla persona offesa, che sia incompatibile con la volontà di persistere nella querela.
A chiarimento di quanto appena precisato la Corte ha determinato i parametri alla stregua dei quali il comportamento omissivo del querelante è da considerarsi idoneo a manifestare chiaramente la totale incompatibilità tra esso e la volontà querelatoria: tale comportamento deve essere completamente antitetico all’intenzione querelatoria, deve essere accertato caso per caso tenuto conto dell’intera vicenda e deve essere non equivoco, obiettivo e concludente.
Appare evidente quindi che la Corte di Cassazione ha rigettato tale ricorso.
Dott.ssa Claudia Barbara Bondanini
Remissione tacita della querela: la Cassazione ridefinisce il suo orientamento
La Corte di Cassazione, V sezione penale, con sentenza n. 29209/2016 ha modificato il suo precedente orientamento enunciando il nuovo principio di diritto secondo cui: “Tenuto conto del principio generale del favor conciliationis, cui è improntato il sistema normativo che regola il procedimento penale dinnanzi al Giudice di Pace, e che esso è collocabile nell’ambito del più ampio principio della ragionevole durata dei processi, la mancata comparizione del querelante – previamente e chiaramente avvisato del fatto che l’eventuale successiva assenza possa essere intrepretata come volontà di non perseguire nell’istanza di punizione – integra gli estremi della remissione tacita, sempre che lo stesso querelante abbia ricevuto personalmente detto avviso, non sussistano manifestazioni di segno opposto e nulla induca a dubitare che si tratti di perdurare assenza dovuta a libera e consapevole.”
Nel caso di specie, non essendo il querelante comparso per ben 5 udienze, anche dopo che l’ufficio del Giudice di Pace gli aveva notificato l’avvertimento secondo cui la sua ulteriore assenza sarebbe stata qualificata come manifestazione della volontà di rimettere la querela, la Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dal Procuratore generale presso la Corte di Appello di Lecce.
Con tale ricorso, infatti, il Procuratore lamentava l’erronea applicazione dell’art. 152 c.p. nella misura in cui la mancata comparizione in udienza del querelante non può essere ritenuta quale comportamento processuale omissivo dal quale dedurre una remissione tacita di querela.
Mentre in precedenza l’orientamento di legittimità avvalorava le doglianze del Procuratore, ad oggi la Corte ha riformulato le proprie considerazioni in merito.
Nel 2008 le Sezioni Unite, con sentenza n. 46088/2008, partivano dal concetto che la mancata comparizione del querelante in udienza non necessariamente deve significare che lo stesso non abbia intenzione di proseguire il processo e, pertanto, non possono considerarsi integrati gli estremi della rimessione tacita di querela.
Al contrario, con tale nuova pronuncia, la Cassazione ha mutato tale orientamento prendendo le mosse dai principi che regolano il nostro sistema normativo ed in particolare quelli attinenti al procedimento davanti al Giudice di Pace.
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