Diritto penale
Published On: 30 Agosto 2012Categories: Articoli, Diritto PenaleBy

La diffamazione commessa a mezzo internet e le responsabilità per il direttore del sito

Il caso giudiziario relativo alla sentenza in commento afferisce il reato di diffamazione  commesso a mezzo internet e conferma un orientamento giurisprudenziale che negli ultimi tempi si sta affermando sempre più in merito all’assenza di responsabilità del direttore di un sito internet per la diffamazione arrecata a mezzo degli articoli pubblicati. Il caso che qui interessa vedeva imputata per il reato di cui agli artt. 110 e 595 o. 1 e3 c.p., insieme all’autore della pubblicazione, anche la direttrice di un sito internet. Tuttavia, a conclusione dell’istruttoria, malgrado fosse stata accertata e dichiarata la portata sicuramente diffamatoria della pubblicazione per cui era stata sporta querela,   il tribunale ha ritenuto di assolvere la direttrice del sito internet per i reati a lei ascritti. Secondo il tribunale, affinché il direttore di un sito internet possa essere responsabile del reato di diffamazione, è necessario che si configuri in capo a lui un comportamento di tipo omissivo per non avere impedito la pubblicazione dell’articolo per così dire “incriminato”.

Tuttavia affinché detto reato omissivo potesse configurarsi nel caso in esame era necessario che l’imputata fosse gravata, ai sensi dell’art. 40 co. 2 c.p., dell’obbligo giuridico di impedire l’evento e, pur consapevole di ciò, non si fosse attivata per evitarne la causazione. In capo alla responsabile di una testata giornalista on-line non è applicabile né la disciplina dell’art. 57 c.p.c, prevista per i soli direttori della stampa periodica  (neppure a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 6/2001, richiamando la medesima all’art. 1 co. 3 soltanto gli artt. 2 e 4 L. 47/48 e non anche l’art. 1 della medesima legge, che modifica la disciplina del’art. 57 c.p.), né la normativa prevista per i direttori di telegiornali e giornali radio, per il noto divieto di estensione analogica in malam partem delle disposizioni penali.

In ragione delle considerazioni appena esposte quindi la direttrice/imputata è stata assolta per non avere commesso il fatto. Come si accennava sopra, la pronuncia in commento conferma altre sentenze di merito già in precedenza rese; si cita ad esempio una sentenza del Tribunale di Milano in data 18.03.2004 (fonti Giur. Merito 2004, 1713) la quale appunto ha stabilito che anche i proprietari delle infrastrutture di comunicazione, i fornitori di accessi e di servizi (e quindi tutti coloro che non abbiano un rapporto diretto con la produzione dell’articolo diffamatorio) non possono ritenersi responsabili per la diffamazione arrecata da coloro che utilizzano la rete internet, sia per non avere un obbligo giuridico di evitare l’evento dannoso, sia per non avere la possibilità di operare un controllo sui messaggi ospitati sul sito internet.

La sentenza si allinea ad altra giurisprudenza di merito di analogo tenore che negli ultimi anni si sta formando. Il dato interessante tuttavia è caratterizzato dal fatto che di recente anche la Suprema Corte si è allineata sulla medesima linea di pensiero laddove con sentenza n. 44126/2011, nel segnare la netta differenza fra stampa cartacea e on-line, ha altresì affermato l’impossibilità per il direttore della testata on-line di impedire la pubblicazione di articoli e/o commenti diffamatori, il che rende evidente che la norma penale che punisce l’omesso colposo controllo non è stata pensata per queste situazioni, perché altrimenti costringerebbe il Direttore ad un’attività impossibile, ovvero lo punirebbe automaticamente ed oggettivamente, senza dargli la possibilità di tenere una condotta lecita.

Sentenza n. 71/2010 Tribunale Penale di Aosta

 

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La diffamazione commessa a mezzo internet e le responsabilità per il direttore del sito

Il caso giudiziario relativo alla sentenza in commento afferisce il reato di diffamazione  commesso a mezzo internet e conferma un orientamento giurisprudenziale che negli ultimi tempi si sta affermando sempre più in merito all’assenza di responsabilità del direttore di un sito internet per la diffamazione arrecata a mezzo degli articoli pubblicati. Il caso che qui interessa vedeva imputata per il reato di cui agli artt. 110 e 595 o. 1 e3 c.p., insieme all’autore della pubblicazione, anche la direttrice di un sito internet. Tuttavia, a conclusione dell’istruttoria, malgrado fosse stata accertata e dichiarata la portata sicuramente diffamatoria della pubblicazione per cui era stata sporta querela,   il tribunale ha ritenuto di assolvere la direttrice del sito internet per i reati a lei ascritti. Secondo il tribunale, affinché il direttore di un sito internet possa essere responsabile del reato di diffamazione, è necessario che si configuri in capo a lui un comportamento di tipo omissivo per non avere impedito la pubblicazione dell’articolo per così dire “incriminato”.

Tuttavia affinché detto reato omissivo potesse configurarsi nel caso in esame era necessario che l’imputata fosse gravata, ai sensi dell’art. 40 co. 2 c.p., dell’obbligo giuridico di impedire l’evento e, pur consapevole di ciò, non si fosse attivata per evitarne la causazione. In capo alla responsabile di una testata giornalista on-line non è applicabile né la disciplina dell’art. 57 c.p.c, prevista per i soli direttori della stampa periodica  (neppure a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 6/2001, richiamando la medesima all’art. 1 co. 3 soltanto gli artt. 2 e 4 L. 47/48 e non anche l’art. 1 della medesima legge, che modifica la disciplina del’art. 57 c.p.), né la normativa prevista per i direttori di telegiornali e giornali radio, per il noto divieto di estensione analogica in malam partem delle disposizioni penali.

In ragione delle considerazioni appena esposte quindi la direttrice/imputata è stata assolta per non avere commesso il fatto. Come si accennava sopra, la pronuncia in commento conferma altre sentenze di merito già in precedenza rese; si cita ad esempio una sentenza del Tribunale di Milano in data 18.03.2004 (fonti Giur. Merito 2004, 1713) la quale appunto ha stabilito che anche i proprietari delle infrastrutture di comunicazione, i fornitori di accessi e di servizi (e quindi tutti coloro che non abbiano un rapporto diretto con la produzione dell’articolo diffamatorio) non possono ritenersi responsabili per la diffamazione arrecata da coloro che utilizzano la rete internet, sia per non avere un obbligo giuridico di evitare l’evento dannoso, sia per non avere la possibilità di operare un controllo sui messaggi ospitati sul sito internet.

La sentenza si allinea ad altra giurisprudenza di merito di analogo tenore che negli ultimi anni si sta formando. Il dato interessante tuttavia è caratterizzato dal fatto che di recente anche la Suprema Corte si è allineata sulla medesima linea di pensiero laddove con sentenza n. 44126/2011, nel segnare la netta differenza fra stampa cartacea e on-line, ha altresì affermato l’impossibilità per il direttore della testata on-line di impedire la pubblicazione di articoli e/o commenti diffamatori, il che rende evidente che la norma penale che punisce l’omesso colposo controllo non è stata pensata per queste situazioni, perché altrimenti costringerebbe il Direttore ad un’attività impossibile, ovvero lo punirebbe automaticamente ed oggettivamente, senza dargli la possibilità di tenere una condotta lecita.

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