La conversione del rapporto di lavoro da tempo determinato a indeterminato
Con Sentenza n. 473/2012 il Tribunale di Busto Arsizio, in funzione del Giudice Unico del Lavoro, decideva in merito ad una vertenza di lavoro promossa da un pilota civile nei confronti di due società di trasporto aereo, alle dipendenze delle quali aveva prestato la propria attività lavorativa a far data dal Gennaio 2005 fino al febbraio 2009.
Con ricorso ex art. 414 c.p.c. il ricorrente chiedeva che fosse dichiarata la nullità delle clausole di apposizione del termine dei contratti di lavoro intercorsi con le suddette società e delle relative proroghe e che fosse ripristinato il rapporto di lavoro e convertito in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
La questione posta verte sull’istituto della trasformazione del contratto di lavoro a termine in contratto di lavoro a tempo indeterminato disciplinata con il D.Lgs.368/2001 e, più di recente, con Legge 183/2012, c.d. “Collegato Lavoro, con la quale è stato codificato il concetto di conversione del contratto di lavoro a termine.
Tali riferimenti normativi stabiliscono le condizioni che legittimano il ricorso, da parte del datore di lavoro, ai contratti di lavoro a termine nonché le sanzioni da applicarsi in caso di un eventuale utilizzo scorretto e/o fraudolento dei contratti a tempo determinato.
Con la suddetta pronuncia il Tribunale adito ha accolto le richieste di parte ricorrente riconoscendo l’illegittimità dei termini apposti ai contratti di lavoro stipulati, illegittimità dovuta, nel caso di specie, alla mancata indicazione, da parte del datore di lavoro, delle esigenze di natura tecnica, organizzativa, produttiva e sostitutiva che, ai sensi dell’art. 1 D.Lgs n. 368/2001, legittimano il ricorso al contratto di lavoro a termine, con conseguente conversione del rapporto a tempo indeterminato fin dal primo contratto di lavoro stipulato tra le parti nel gennaio 2005.
Per l’effetto, con la medesima sentenza, il Giudice del Lavoro ha altresì condannato parte datoriale, oltre alla corresponsione di una somma a titolo di differenze retributive, al pagamento di una indennità pari a 12 retribuzioni globali di fatto, in applicazione del nuovo regime sanzionatorio introdotto con Legge n. 183/2010, che quantifica il risarcimento del danno in una indennità onnicomprensiva tra un minimo di 2, 5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.
La sentenza pertanto non solo rappresenta un puntuale riscontro della normativa vigente in materia, ma costituisce altresì una conferma del principio generale del nostro ordinamento in base al quale il rapporto di lavoro è di norma regolato dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, con la conseguenza che l’eventuale apposizione di un termine di durata è legittimo solo ove ricorrano esigenze obiettive, precise, concrete ed espressamente indicate nel contratto di lavoro e comunque sempre per un periodo complessivo di 36 mesi comprensivo di proroghe (ex art. 5, comma 4-bis D.Lgs n. 368/2001), salvo quanto diversamente disposto dai contratti collettivi nazionali.
Sergio Scicchitano
La conversione del rapporto di lavoro da tempo determinato a indeterminato
Con Sentenza n. 473/2012 il Tribunale di Busto Arsizio, in funzione del Giudice Unico del Lavoro, decideva in merito ad una vertenza di lavoro promossa da un pilota civile nei confronti di due società di trasporto aereo, alle dipendenze delle quali aveva prestato la propria attività lavorativa a far data dal Gennaio 2005 fino al febbraio 2009.
Con ricorso ex art. 414 c.p.c. il ricorrente chiedeva che fosse dichiarata la nullità delle clausole di apposizione del termine dei contratti di lavoro intercorsi con le suddette società e delle relative proroghe e che fosse ripristinato il rapporto di lavoro e convertito in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
La questione posta verte sull’istituto della trasformazione del contratto di lavoro a termine in contratto di lavoro a tempo indeterminato disciplinata con il D.Lgs.368/2001 e, più di recente, con Legge 183/2012, c.d. “Collegato Lavoro, con la quale è stato codificato il concetto di conversione del contratto di lavoro a termine.
Tali riferimenti normativi stabiliscono le condizioni che legittimano il ricorso, da parte del datore di lavoro, ai contratti di lavoro a termine nonché le sanzioni da applicarsi in caso di un eventuale utilizzo scorretto e/o fraudolento dei contratti a tempo determinato.
Con la suddetta pronuncia il Tribunale adito ha accolto le richieste di parte ricorrente riconoscendo l’illegittimità dei termini apposti ai contratti di lavoro stipulati, illegittimità dovuta, nel caso di specie, alla mancata indicazione, da parte del datore di lavoro, delle esigenze di natura tecnica, organizzativa, produttiva e sostitutiva che, ai sensi dell’art. 1 D.Lgs n. 368/2001, legittimano il ricorso al contratto di lavoro a termine, con conseguente conversione del rapporto a tempo indeterminato fin dal primo contratto di lavoro stipulato tra le parti nel gennaio 2005.
Per l’effetto, con la medesima sentenza, il Giudice del Lavoro ha altresì condannato parte datoriale, oltre alla corresponsione di una somma a titolo di differenze retributive, al pagamento di una indennità pari a 12 retribuzioni globali di fatto, in applicazione del nuovo regime sanzionatorio introdotto con Legge n. 183/2010, che quantifica il risarcimento del danno in una indennità onnicomprensiva tra un minimo di 2, 5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.
La sentenza pertanto non solo rappresenta un puntuale riscontro della normativa vigente in materia, ma costituisce altresì una conferma del principio generale del nostro ordinamento in base al quale il rapporto di lavoro è di norma regolato dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, con la conseguenza che l’eventuale apposizione di un termine di durata è legittimo solo ove ricorrano esigenze obiettive, precise, concrete ed espressamente indicate nel contratto di lavoro e comunque sempre per un periodo complessivo di 36 mesi comprensivo di proroghe (ex art. 5, comma 4-bis D.Lgs n. 368/2001), salvo quanto diversamente disposto dai contratti collettivi nazionali.
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