Published On: 11 Luglio 2015Categories: Articoli, Diritto del Lavoro, Ermelinda StrolloBy

Insulti e minacce al lavoro? Il licenziamento è legittimo

La Corte di Cassazione con sentenza n. 14360 depositata il 9 luglio 2015 ha confermato la decisione della Corte territoriale che ha ritenuto giustificata l’irrogazione della massima sanzione del licenziamento per giusta causa di un dipendente per le condotte ingiuriose e minacciose da questi tenute nei confronti del proprio superiore gerarchico.

Irrilevanti, a parere dei Giudici, le circostanze attenuanti invocate dal lavoratore quali l’assenza di precedenti disciplinari nel corso del lungo periodo di servizio trascorso presso la Società datrice e l’elemento della provocazione tale da connotare come discriminatorio l’intimato recesso.

La Cassazione, nel rigettare il ricorso proposto dal lavoratore, ha osservato che “la condotta del ricorrente si era concretata nel far seguire ai numerosi insulti e alle minacce – che così risultavano rafforzate e confermate nella loro reale consistenza – le vie di fatto, costituite dall’atto di brandire la scopa nei confronti del direttore del punto vendita e di arrestarla solo a pochi centimetri dalla sua spalla; dall’altro, il carattere recessivo delle circostanze attenuanti, del resto escluse, sempre sulla base del riferimento alle risultanze istruttorie, almeno con riguardo all’elemento della provocazione, rispetto ad una valutazione correttamente intesa a valorizzare il profilo della gravità, tanto sul piano oggettivo che sul piano soggettivo, atteso il carattere violento del gesto e la sua intenzionalità, della condotta del ricorrente così configurata”.

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Insulti e minacce al lavoro? Il licenziamento è legittimo

La Corte di Cassazione con sentenza n. 14360 depositata il 9 luglio 2015 ha confermato la decisione della Corte territoriale che ha ritenuto giustificata l’irrogazione della massima sanzione del licenziamento per giusta causa di un dipendente per le condotte ingiuriose e minacciose da questi tenute nei confronti del proprio superiore gerarchico.

Irrilevanti, a parere dei Giudici, le circostanze attenuanti invocate dal lavoratore quali l’assenza di precedenti disciplinari nel corso del lungo periodo di servizio trascorso presso la Società datrice e l’elemento della provocazione tale da connotare come discriminatorio l’intimato recesso.

La Cassazione, nel rigettare il ricorso proposto dal lavoratore, ha osservato che “la condotta del ricorrente si era concretata nel far seguire ai numerosi insulti e alle minacce – che così risultavano rafforzate e confermate nella loro reale consistenza – le vie di fatto, costituite dall’atto di brandire la scopa nei confronti del direttore del punto vendita e di arrestarla solo a pochi centimetri dalla sua spalla; dall’altro, il carattere recessivo delle circostanze attenuanti, del resto escluse, sempre sulla base del riferimento alle risultanze istruttorie, almeno con riguardo all’elemento della provocazione, rispetto ad una valutazione correttamente intesa a valorizzare il profilo della gravità, tanto sul piano oggettivo che sul piano soggettivo, atteso il carattere violento del gesto e la sua intenzionalità, della condotta del ricorrente così configurata”.

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