Diritto del lavoro
Published On: 14 Settembre 2012Categories: Articoli, Diritto del LavoroBy

Illegittima apposizione della clausola del termine ad un contratto alle dipendenze della pubblica amministrazione

Innanzitutto appare doveroso ricordare a noi stessi che la clausola di durata apposta illegittimamente al contratto di lavoro (con datore di lavoro privato) in violazione delle previsioni legislative deve essere considerata tamquam non esset.

Tuttavia in ordine ai rapporti di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione la dottrina e la giurisprudenza avevano –quantomeno sino ad ora – rinvenuto una preclusione normativa alla conversione giustificata dal principio fondamentale dell’accesso alla P.A. mediante concorso, previsto dall’art. 97, terzo comma, Cost. in materia di pubblico impiego.

Sicché le violazioni che riguardavano la normativa sul contratto a termine nel lavoro privato erano sanzionate espressamente mediante la conversione del rapporto di lavoro a termine in rapporto a tempo indeterminato, mentre il lavoro pubblico, invece, era sempre stato connotato dall’inoperatività del meccanismo in questione, sostituito da un meccanismo risarcitorio previsto dall’art. 36, comma 5 del d.lgs. n. 165/2001.

Nondimeno il Tribunale di Siena con una recente sentenza, n.263 del 13.12.2010, dopo aver affermato l’illegittimità della clausola appositiva del termine, ha sanzionato il comportamento della P.A. con la conversione dei contratti per cui era causa in contratti a tempo indeterminato.

Il Tribunale di Siena ha, invero, ritenuto inadeguata la sanzione risarcitoria a configurare una tutela equivalente ed effettiva del bene giuridico leso.

L’elemento di novità che ha connotato la statuizione del Tribunale di Siena è costituito dalla valorizzazione della giurisprudenza della Corte di Giustizia europea che a sua volta richiama le direttive e la disciplina generale sul lavoro a tempo determinato.

Il Tribunale di Siena è giunto a tale conclusione ponendo l’accento sul principio di non discriminazione tra lavoratori a termine e lavoratori a tempo indeterminato, sul principio di prevenzione dell’abuso derivante dalla reiterazione del lavoro a termine mediante l’applicazione di sanzioni adeguate, effettive e dissuasive ed infine sulla forma di risarcimento in forma specifica del danno che il ricorrente richiede in giudizio.

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Illegittima apposizione della clausola del termine ad un contratto alle dipendenze della pubblica amministrazione

Innanzitutto appare doveroso ricordare a noi stessi che la clausola di durata apposta illegittimamente al contratto di lavoro (con datore di lavoro privato) in violazione delle previsioni legislative deve essere considerata tamquam non esset.

Tuttavia in ordine ai rapporti di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione la dottrina e la giurisprudenza avevano –quantomeno sino ad ora – rinvenuto una preclusione normativa alla conversione giustificata dal principio fondamentale dell’accesso alla P.A. mediante concorso, previsto dall’art. 97, terzo comma, Cost. in materia di pubblico impiego.

Sicché le violazioni che riguardavano la normativa sul contratto a termine nel lavoro privato erano sanzionate espressamente mediante la conversione del rapporto di lavoro a termine in rapporto a tempo indeterminato, mentre il lavoro pubblico, invece, era sempre stato connotato dall’inoperatività del meccanismo in questione, sostituito da un meccanismo risarcitorio previsto dall’art. 36, comma 5 del d.lgs. n. 165/2001.

Nondimeno il Tribunale di Siena con una recente sentenza, n.263 del 13.12.2010, dopo aver affermato l’illegittimità della clausola appositiva del termine, ha sanzionato il comportamento della P.A. con la conversione dei contratti per cui era causa in contratti a tempo indeterminato.

Il Tribunale di Siena ha, invero, ritenuto inadeguata la sanzione risarcitoria a configurare una tutela equivalente ed effettiva del bene giuridico leso.

L’elemento di novità che ha connotato la statuizione del Tribunale di Siena è costituito dalla valorizzazione della giurisprudenza della Corte di Giustizia europea che a sua volta richiama le direttive e la disciplina generale sul lavoro a tempo determinato.

Il Tribunale di Siena è giunto a tale conclusione ponendo l’accento sul principio di non discriminazione tra lavoratori a termine e lavoratori a tempo indeterminato, sul principio di prevenzione dell’abuso derivante dalla reiterazione del lavoro a termine mediante l’applicazione di sanzioni adeguate, effettive e dissuasive ed infine sulla forma di risarcimento in forma specifica del danno che il ricorrente richiede in giudizio.

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