Fallimento convenuto: il creditore è legittimato all’azione revocatoria?
La Corte di Cassazione, con sentenza 614/2016, depositata in data 15.01.2016, è tornata ad affrontare il tema della legittimazione del creditore ad esperire l’azione revocatoria nei confronti di una società, che sia stata dichiarata fallita nelle more del giudizio.
Con la sentenza in commento la Suprema Corte ribadisce un orientamento oramai consolidato in virtù del quale, nel caso di azione revocatoria promossa da un creditore nei confronti di una società ed intervenuto fallimento di quest’ultima in corso di causa, il curatore subentra nella posizione processuale dell’originario attore, facendo propria la domanda ex art. 2901 c.c. ed accettando il processo nello stato in cui si trova.
Il singolo creditore ed originario attore, in questo caso, non sarebbe in alcun modo pregiudicato, dal momento che “le condizioni dell’azione non mutano e l’esigenza di tutela della posizione del creditore individuale è naturalmente assorbita in quella della massa che la ricomprende”.
In buona sostanza, nel corso del giudizio l’interesse del singolo creditore verrebbe meno, in quanto l’eventuale accoglimento della domanda nei confronti del curatore subentrato precluderebbe al singolo creditore di raggiungere lo scopo per cui l’azione era stata esperita: ciò in quanto egli concorrerà, insieme a tutti gli altri creditori concorsuali, a soddisfare il proprio credito secondo le regole del riparto.
Diverso è il caso in cui al fallimento della società convenuta faccia seguito l’inerzia del curatore: il singolo creditore, a quel punto, conserverà la legittimazione ad esercitare l’azione revocatoria.
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