Published On: 12 Febbraio 2016Categories: Articoli, Diritto Penale, Ermanno ScaramozzinoBy

Donna in gravidanza o mamma da poco: è stalking aggravato

Stalking aggravato se a subire gli atti persecutori è una donna incinta o che ha appena partorito. È quanto statuito dalla Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 2325 del 2016.

Nel caso di specie il ricorrente era stato condannato in primo grado in ordine alla violazione dell’art. 612 bis c.p. per aver compiuto nei confronti della ex fidanzata, in stato di puerperio, atti persecutori.

Come noto il reato di cui all’art. 612 bis c.p. punisce con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita; tale fattispecie criminosa prevede, fra le altre ipotesi, un aggravio di pena, con un aumento fino alla metà, per il fatto commesso nei confronti di una donna in stato di gravidanza.

Il Giudice dell’appello, investito dell’impugnazione della sentenza in oggetto, la riformava parzialmente  sul presupposto che l’ipotesi aggravata di cui all’art. 612 bis c.p. fosse prevista “solo” in relazione agli atti compiuti nei confronti di donna in stato interessante, a differenza di quanto verificatosi nel caso concreto laddove il soggetto attivo del reato aveva posto in essere gli atti persecutori, previsti dalla normativa penale di cui sopra, soprattutto nel periodo successivo alla nascita della figlia.

Di talché la Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi sulle doglianze del condannato de quo, ha rigettato il ricorso proposto in ragione del fatto che la vittima fosse stata coinvolta, per lungo tempo, in iniziative fortemente vessatorie da parte dell’ex compagno al punto da dover richiedere più volte l’intervento delle forze dell’ordine, così come emerso dagli atti di causa dei precedenti gradi di giudizio.

Nel respingere le richieste del persecutore ricorrente, i Giudici di Piazza Cavour, pur non pronunciandosi sulla questione relativa alla sussistenza o meno dell’aggravante, hanno comunque posto in evidenza il fatto che i plurimi e insistiti episodi di aggressione fisica e verbale compiuti dall’uomo nei confronti della ex fidanzata dovessero, in ogni caso, essere considerati particolarmente gravi sulla scorta dell’evidenza che la vittima delle persecuzioni fosse, all’epoca dei fatti, una puerpera.

Conclude, dunque, la Corte statuendo che “nonostante la vittima non sia più in stato di gravidanza, e quindi il reato di stalking non possa considerarsi aggravato, la condotta deve comunque essere valutata in maniera più rigida nel caso in cui la donna abbia da poco partorito”.

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Donna in gravidanza o mamma da poco: è stalking aggravato

Stalking aggravato se a subire gli atti persecutori è una donna incinta o che ha appena partorito. È quanto statuito dalla Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 2325 del 2016.

Nel caso di specie il ricorrente era stato condannato in primo grado in ordine alla violazione dell’art. 612 bis c.p. per aver compiuto nei confronti della ex fidanzata, in stato di puerperio, atti persecutori.

Come noto il reato di cui all’art. 612 bis c.p. punisce con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita; tale fattispecie criminosa prevede, fra le altre ipotesi, un aggravio di pena, con un aumento fino alla metà, per il fatto commesso nei confronti di una donna in stato di gravidanza.

Il Giudice dell’appello, investito dell’impugnazione della sentenza in oggetto, la riformava parzialmente  sul presupposto che l’ipotesi aggravata di cui all’art. 612 bis c.p. fosse prevista “solo” in relazione agli atti compiuti nei confronti di donna in stato interessante, a differenza di quanto verificatosi nel caso concreto laddove il soggetto attivo del reato aveva posto in essere gli atti persecutori, previsti dalla normativa penale di cui sopra, soprattutto nel periodo successivo alla nascita della figlia.

Di talché la Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi sulle doglianze del condannato de quo, ha rigettato il ricorso proposto in ragione del fatto che la vittima fosse stata coinvolta, per lungo tempo, in iniziative fortemente vessatorie da parte dell’ex compagno al punto da dover richiedere più volte l’intervento delle forze dell’ordine, così come emerso dagli atti di causa dei precedenti gradi di giudizio.

Nel respingere le richieste del persecutore ricorrente, i Giudici di Piazza Cavour, pur non pronunciandosi sulla questione relativa alla sussistenza o meno dell’aggravante, hanno comunque posto in evidenza il fatto che i plurimi e insistiti episodi di aggressione fisica e verbale compiuti dall’uomo nei confronti della ex fidanzata dovessero, in ogni caso, essere considerati particolarmente gravi sulla scorta dell’evidenza che la vittima delle persecuzioni fosse, all’epoca dei fatti, una puerpera.

Conclude, dunque, la Corte statuendo che “nonostante la vittima non sia più in stato di gravidanza, e quindi il reato di stalking non possa considerarsi aggravato, la condotta deve comunque essere valutata in maniera più rigida nel caso in cui la donna abbia da poco partorito”.

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