Diffamazione: l'identificazione del soggetto diffamato e il diritto al risarcimento danni
Il Tribunale di Roma con pronuncia del 29.07 u.s., in conformità ai noti principi da tempo affermati dalla Giurisprudenza di legittimità, è tornato a ribadire come, in tema di diffamazione a mezzo stampa, sia che destinatario dell’offesa sia un personaggio noto che un privato cittadino, non è necessario perché possa parlarsi di diffamazione che il soggetto leso sia esplicitamente nominato, ben potendosi realizzare una lesione del diritto all’immagine, all’onore, al decoro del danneggiato anche in assenza di una sua espressa menzione, ferma restando la necessità che il danneggiato sia, seppur indirettamente, chiaramente ed inequivocabilmente individuabile.
Nell’adottare la pronuncia in discorso il Tribunale ha in particolare richiamato quanto statuito dalla Suprema Corte di Cassazione (cfr. Sent. n. 16543 del 28.09.2012, la quale a sua volta richiama molteplici e significativi precedenti) secondo cui, tenuto conto di un orientamento consolidato e formatosi già a partire dagli anni ’80-’90, “in tema di risarcimento del danno causato da diffamazione a mezzo stampa, non è necessario che il soggetto passivo sia precisamente e specificamente nominato, ma la sua individuazione deve avvenire, in assenza di un esplicito e nominativo richiamo, attraverso gli elementi della fattispecie concreta, quali la natura e portata dell’offesa, le circostanze narrate, oggettive e soggettive, i riferimenti personali e temporali e simili, i quali devono, unitamente agli altri elementi che la vicenda offre, essere valutati complessivamente, di guisa che possa desumersi, con ragionevole certezza, l’inequivoca individuazione dell’offeso”.
Sulla scorta di tali presupposti, ed alla luce delle risultanze processuali emerse in corso di causa, il Tribunale di Roma ha condannato per diffmazione un Avvocato della Capitale (e con lui la Casa Editrice ed i suoi responsabili) per la pubblicazione di un libro a contenuto diffamatorio ai danni di un noto Politico ed ex Magistrato italiano, malgrado l’autore della diffamazione sostenesse che lo scritto per così dire “incriminato”, non menzionando mai per intero ed esplicitamente il nome del soggetto diffamato, fosse privo di quella “relatio ad hominem” che consente al soggetto di sentirsi offeso nella propria reputazione.
Il Tribunale capitolino ha tuttavia disatteso le difese dell’autore della pubblicazione evidenziando come l’utilizzo, peraltro sovente, dell’appellativo attribuito al Politico ed ex Magistrato insieme alla narrazione dettagliata di note vicende lavorative e politiche sue e della sua famiglia, ben consentivano al lettore medio di identificare l’attore della causa con il soggetto protagonista del libro e quindi con il diffamato; da qui la conseguente pronuncia al risarcimento dei danni causati dalla pubblicazione, valutata nel merito diffamatoria per l’attore.
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Nell’adottare la pronuncia in discorso il Tribunale ha in particolare richiamato quanto statuito dalla Suprema Corte di Cassazione (cfr. Sent. n. 16543 del 28.09.2012, la quale a sua volta richiama molteplici e significativi precedenti) secondo cui, tenuto conto di un orientamento consolidato e formatosi già a partire dagli anni ’80-’90, “in tema di risarcimento del danno causato da diffamazione a mezzo stampa, non è necessario che il soggetto passivo sia precisamente e specificamente nominato, ma la sua individuazione deve avvenire, in assenza di un esplicito e nominativo richiamo, attraverso gli elementi della fattispecie concreta, quali la natura e portata dell’offesa, le circostanze narrate, oggettive e soggettive, i riferimenti personali e temporali e simili, i quali devono, unitamente agli altri elementi che la vicenda offre, essere valutati complessivamente, di guisa che possa desumersi, con ragionevole certezza, l’inequivoca individuazione dell’offeso”.
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