Dichiarazioni all'amministrazione fiscale, tutti gli errori sono emendabili
La Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 6665/2015 ha dichiarato l’emendabilità di qualsiasi errore, di fatto o di diritto, contenuto in una dichiarazione resa dal contribuente all’Amministrazione fiscale, anche se non direttamente rilevabile, in quanto sussiste un principio di non assoggettamento del dichiarante ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, esistono a suo carico.
La medesima dichiarazione, infatti, non è altro che una mera esternazione di scienza o di giudizio, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione dei dati riferiti ai fini dell’accertamento dell’obbligazione tributaria.
Posto il diverso piano sul quale operano le norme in materia di accertamento e riscossione, rispetto a quelle che governano il processo tributario, il termine annuale di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, previsto per la presentazione della dichiarazione integrativa non esplica, dunque, alcun effetto sul procedimento instaurato dal contribuente per contestare la pretesa tributaria.
Nel rispetto dei principi della capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost. e della oggettiva correttezza dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost., è quindi riconosciuto il diritto del contribuente, in sede contenziosa, di opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella sua redazione ed incidenti sull’obbligazione tributaria, indipendentemente dal termine di cui all’art. 2, comma 8 bis, D.P.R. n. 322/98.
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La medesima dichiarazione, infatti, non è altro che una mera esternazione di scienza o di giudizio, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione dei dati riferiti ai fini dell’accertamento dell’obbligazione tributaria.
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