Danno biologico terminale. Il danno biologico è riconosciuto nel lasso di tempo fra l’evento dannoso e la morte
Il presente contributo trae origine da una riflessione effettuata intorno ad una pronuncia del Tribunale di Roma che si è occupato di una questione relativa al risarcimento del danno verificatosi nell’ambito di un incidente stradale mortale.
La sentenza, resa dal Tribunale di Roma, torna così ad affrontare l’interessante tema del risarcimento iure hereditario del danno biologico terminale ovvero se è riconoscibile, in via ereditaria ai parenti della vittima, il danno che questi abbia sofferto nel periodo ricompreso tra il fatto illecito e l’evento morte.
In questa sede, seppur brevemente e sinteticamente, è necessario esaminare gli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali in relazione all’ammissibilità del risarcimento del danno biologico iure hereditatis, e precisamente la “teoria compromissoria”. Secondo questa teoria, l’attenzione va spostata su quell’intervallo di tempo ricompreso tra l’evento lesivo e la morte: in questo lasso si opera una lesione della salute e quindi viene in essere il danno biologico. Dunque la risarcibilità di tale danno presuppone che la vittima resti in vita per un periodo di tempo apprezzabile, perché solo nell’arco temporale tra la lesione e la morte, l’infortunato subisce un’effettiva compromissione del diritto alla salute ed il relativo diritto di risarcimento si trasferisce agli eredi.
Pertanto, il danno biologico, in caso di morte, è solo quello maturato dalla vittima tra il momento del fatto ed il decesso: una morte istantanea o quasi immediata, infatti, non permetterebbe al soggetto leso di percepire la gravità della lesione ed il conseguente patimento derivante dalla menomazione psico-fisica.
Questa teoria è stata accolta e sviluppata dall’ormai nota sentenza della Corte Costituzionale n. 372/94, che ha riconosciuto la risarcibilità del danno subito da chi, in conseguenza delle lesioni patite, sia deceduto dopo un apprezzabile lasso di tempo.
Tale orientamento è stato ormai recepito sia dalla Suprema Corte, sia dalla prevalente giurisprudenza di merito.
Studio Scicchitano
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La sentenza, resa dal Tribunale di Roma, torna così ad affrontare l’interessante tema del risarcimento iure hereditario del danno biologico terminale ovvero se è riconoscibile, in via ereditaria ai parenti della vittima, il danno che questi abbia sofferto nel periodo ricompreso tra il fatto illecito e l’evento morte.
In questa sede, seppur brevemente e sinteticamente, è necessario esaminare gli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali in relazione all’ammissibilità del risarcimento del danno biologico iure hereditatis, e precisamente la “teoria compromissoria”. Secondo questa teoria, l’attenzione va spostata su quell’intervallo di tempo ricompreso tra l’evento lesivo e la morte: in questo lasso si opera una lesione della salute e quindi viene in essere il danno biologico. Dunque la risarcibilità di tale danno presuppone che la vittima resti in vita per un periodo di tempo apprezzabile, perché solo nell’arco temporale tra la lesione e la morte, l’infortunato subisce un’effettiva compromissione del diritto alla salute ed il relativo diritto di risarcimento si trasferisce agli eredi.
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