Diritto fallimentare
Published On: 1 Febbraio 2015Categories: Articoli, Diritto fallimentareBy

Curatela fallimentare: l'efficacia probatoria delle scritture contabili in un contenzioso con gli imprenditori

Con la sentenza n. 11017 del 9 maggio 2013 la Corte di Cassazione ha affermato l’importante principio secondo cui L’art. 2710 c.c., che attribuisce efficacia probatoria tra imprenditori, per i rapporti inerenti all’esercizio dell’impresa, ai libri regolarmente tenuti, individua l’ambito operativo della sua speciale disciplina nel riferimento, necessariamente collegato, all’imprenditore ed al rapporto di impresa, sicché non può trovare applicazione con riguardo al curatore del fallimento, il quale, agendo in revocatoria nella sua funzione di gestione del patrimonio del fallito, assume, rispetto ai rapporti tra quest’ultimo ed il creditore, la qualità di terzo”.

Tale massima costituisce ulteriore conferma del principio secondo cui la Curatela Fallimentare, pur assumendo la gestione del patrimonio del fallito, mantiene pur sempre la qualità di terzo nei rapporti che l’imprenditore in bonis aveva nei confronti dei suoi creditori.

Tale principio di terzietà comporta che, ove si tratti di rapporti tra imprenditori, in un eventuale contenzioso la Curatela Fallimentare non potrà avvalersi di quanto disposto dall’art. 2710 del codice civile in ordine all’efficacia probatoria, nei rapporti tra imprenditori e relativi all’esercizio dell’impresa, delle scritture contabili regolarmente tenute.

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Curatela fallimentare: l'efficacia probatoria delle scritture contabili in un contenzioso con gli imprenditori

Con la sentenza n. 11017 del 9 maggio 2013 la Corte di Cassazione ha affermato l’importante principio secondo cui L’art. 2710 c.c., che attribuisce efficacia probatoria tra imprenditori, per i rapporti inerenti all’esercizio dell’impresa, ai libri regolarmente tenuti, individua l’ambito operativo della sua speciale disciplina nel riferimento, necessariamente collegato, all’imprenditore ed al rapporto di impresa, sicché non può trovare applicazione con riguardo al curatore del fallimento, il quale, agendo in revocatoria nella sua funzione di gestione del patrimonio del fallito, assume, rispetto ai rapporti tra quest’ultimo ed il creditore, la qualità di terzo”.

Tale massima costituisce ulteriore conferma del principio secondo cui la Curatela Fallimentare, pur assumendo la gestione del patrimonio del fallito, mantiene pur sempre la qualità di terzo nei rapporti che l’imprenditore in bonis aveva nei confronti dei suoi creditori.

Tale principio di terzietà comporta che, ove si tratti di rapporti tra imprenditori, in un eventuale contenzioso la Curatela Fallimentare non potrà avvalersi di quanto disposto dall’art. 2710 del codice civile in ordine all’efficacia probatoria, nei rapporti tra imprenditori e relativi all’esercizio dell’impresa, delle scritture contabili regolarmente tenute.

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