Concorso materiale nel reato: necessaria menzione condotta nel capo d'imputazione
Il Gup di Napoli, ha condannato Mevio per concorso in tentato omicidio di Negidio. Mevio è stato altresì condannato per una prima missione di morte, conclusasi con la tragica uccisione di un innocente, scambiato per Negidio. Il capo d’imputazione specifica così i ruoli concorsuali:
«Tizio quale mandante, Caio e Sempronio quali partecipi alla fase organizzativa, incaricati si segnalare la presenza della vittima, Filano e Calpurnio quali esecutori materiali dell’azione delittuosa, evento non verificatosi per cause indipendenti dalla loro volontà (l’arma si inceppava e la persona offesa si dava alla fuga)».
Nessuna menzione, nel capo d’imputazione, della condotta concorsuale di Mevio. Il GUP, ha riempito il vuoto dell’addebito, motivando:
«La presenza di Mevio nell’abitazione, dalla quale ebbe a partire la seconda missione di morte, con il contributo morale garantito da Mevio. Costui aveva già dimostrato la propria disponibilità, sussidiaria ma fattiva, accompagnando Filano, nella prima spedizione di morte, per l’assenza improvvisa di Calpurnio. Mevio è presente nel momento in cui parte il commando, resta in attesa nel covo, è pronto ad intervenire. Un contributo morale, a riprova che la sua presenza non fosse neutra, ma – come aveva già dimostrato – avesse una funzione almeno moralmente rafforzativa delle iniziative delittuose in atto».
Non v’è chi non veda che si tratti di una corposa ricchezza motivazionale, con cui si è individuato il ruolo concorsuale. Senonché, nel capo di imputazione, nulla di tutto ciò che argomenta il GUP, è evidenziato. È pacifico che l’addebito debba essere contestato all’imputato, per consentire l’esercizio di una adeguata difesa. In specie nei reati concorsuali, l’imputato deve essere in grado di sapere quale sia la modalità concorsuale illecita, ricavabile dalla sua condotta, oggetto di contestazione. Ove la modalità concorsuale non venga esplicitata, facendosi solo un mero riferimento all’art. 110 cp, si ritiene che il giudicante non possa colmare il vuoto contestativo, individuando solo in sentenza la asserita modalità concorsuale.
Si è proposto appello chiedendo che Mevio venga assolto per non aver commesso il fatto, sulla base della violazione del principio di correlazione tra fatto addebitato (generico riferimento all’art. 110 cp) e fatto ritenuto (concorso morale per presenza “non neutra” nel covo utilizzato giornalmente dai malavitosi, quale base per le loro azioni). Peraltro, nell’appello, si è evidenziato come il giudizio di non neutralità della presenza nel covo, fosse stato ricavato dal precedente episodio omicidiario, con partecipazione diretta di Mevio, e non poteva estendersi, senza specifici elementi, al secondo episodio (tentato omicidio).
Concorso materiale nel reato: necessaria menzione condotta nel capo d'imputazione
Il Gup di Napoli, ha condannato Mevio per concorso in tentato omicidio di Negidio. Mevio è stato altresì condannato per una prima missione di morte, conclusasi con la tragica uccisione di un innocente, scambiato per Negidio. Il capo d’imputazione specifica così i ruoli concorsuali:
«Tizio quale mandante, Caio e Sempronio quali partecipi alla fase organizzativa, incaricati si segnalare la presenza della vittima, Filano e Calpurnio quali esecutori materiali dell’azione delittuosa, evento non verificatosi per cause indipendenti dalla loro volontà (l’arma si inceppava e la persona offesa si dava alla fuga)».
Nessuna menzione, nel capo d’imputazione, della condotta concorsuale di Mevio. Il GUP, ha riempito il vuoto dell’addebito, motivando:
«La presenza di Mevio nell’abitazione, dalla quale ebbe a partire la seconda missione di morte, con il contributo morale garantito da Mevio. Costui aveva già dimostrato la propria disponibilità, sussidiaria ma fattiva, accompagnando Filano, nella prima spedizione di morte, per l’assenza improvvisa di Calpurnio. Mevio è presente nel momento in cui parte il commando, resta in attesa nel covo, è pronto ad intervenire. Un contributo morale, a riprova che la sua presenza non fosse neutra, ma – come aveva già dimostrato – avesse una funzione almeno moralmente rafforzativa delle iniziative delittuose in atto».
Non v’è chi non veda che si tratti di una corposa ricchezza motivazionale, con cui si è individuato il ruolo concorsuale. Senonché, nel capo di imputazione, nulla di tutto ciò che argomenta il GUP, è evidenziato. È pacifico che l’addebito debba essere contestato all’imputato, per consentire l’esercizio di una adeguata difesa. In specie nei reati concorsuali, l’imputato deve essere in grado di sapere quale sia la modalità concorsuale illecita, ricavabile dalla sua condotta, oggetto di contestazione. Ove la modalità concorsuale non venga esplicitata, facendosi solo un mero riferimento all’art. 110 cp, si ritiene che il giudicante non possa colmare il vuoto contestativo, individuando solo in sentenza la asserita modalità concorsuale.
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