Avviso accertamento: per il termine dilatorio vale la data di emissione
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 5361/16 ha rigettato il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Liguria (confermativa di quella di primo grado) con la quale era stata accertata l’illegittimità dell’avviso di accertamento emesso in epoca anteriore alla scadenza del termine di sessanta giorni dalla notifica del p.v.c.
Ed infatti, l’art. 12 c. 7 della L. n. 212/2000 (c.d. Statuto del contribuente) prevede che “Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.
Nel caso di specie, in particolare l’Agenzia delle Entrate, dopo avere emesso un pvc concernente talune violazioni fiscali a carico di un contribuente emetteva il successivo avviso di accertamento in data antecedente al decorso dei 60 giorni previsti dalla disposizione richiamata, pur procedendo alla notifica dello stesso in data successiva al suddetto termine. A parere dell’ente impositore, ai fini del rispetto del termine dilatorio indicato di cui all’art. 12 c. 7 della l. n. 212/2000, occorre fare riferimento alla data in cui l’atto di accertamento viene portato a conoscenza del contribuente.
La Corte di Cassazione ha precisato che, contrariamente a quanto sostenuto dall’Agenzia delle Entrate “la violazione del contraddittorio endoprocedimentale garantito dall’art.12 c.7 L. n. 212/2000 sussiste quando l’avviso di accertamento risulta emesso prima della scadenza dei sessanta giorni dalla data del rilascio del processo verbale di constatazione indipendentemente dalla circostanza che la notifica sia avvenuta successivamente”.
Ed infatti, ricordano i Giudici di Piazza Cavour, “la notificazione è una mera condizione di efficacia, e non un elemento costitutivo dell’atto amministrativo di imposizione tributaria cosicché, quando l’atto impositivo viene notificato, o comunque portato a conoscenza del destinatario, esso è già esistente e perfetto”. Inoltre, lo scopo della norma è quello di garantire il contraddittorio procedimentale, consentendo al contribuente “di far valere le proprie ragioni nel momento stesso in cui la volontà impositiva si forma quando l’atto impositivo è ancora in fieri“.
Avviso accertamento: per il termine dilatorio vale la data di emissione
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Ed infatti, l’art. 12 c. 7 della L. n. 212/2000 (c.d. Statuto del contribuente) prevede che “Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.
Nel caso di specie, in particolare l’Agenzia delle Entrate, dopo avere emesso un pvc concernente talune violazioni fiscali a carico di un contribuente emetteva il successivo avviso di accertamento in data antecedente al decorso dei 60 giorni previsti dalla disposizione richiamata, pur procedendo alla notifica dello stesso in data successiva al suddetto termine. A parere dell’ente impositore, ai fini del rispetto del termine dilatorio indicato di cui all’art. 12 c. 7 della l. n. 212/2000, occorre fare riferimento alla data in cui l’atto di accertamento viene portato a conoscenza del contribuente.
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