
Autotutela, il rifiuto dell’Amministrazione non è impugnabile
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 7511 depositata il 15 aprile 2016 torna a pronunciarsi in merito alla possibilità per il contribuente di impugnare l’atto con il quale l’Amministrazione manifesti il rifiuto di ritirare, in via di autotutela, un atto impositivo.
Nel caso di specie, l’ufficio finanziario aveva accolto in parte l’istanza di annullamento in autotutela presentata da un contribuente per alcuni accertamenti con i quali si era proceduto ad una rideterminazione dei redditi dello stesso.
Il contribuente pertanto proponeva ricorso innanzi alla Commissione tributaria avverso i provvedimenti di annullamento parziale degli avvisi presupposti.
Quest’ultimi in particolare non erano stati oggetto di autonoma impugnativa ed erano, pertanto, divenuti definitivi.
Avverso la sentenza della Commissione Regionale Tributaria che accoglieva le censure del contribuente proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate eccependo la violazione dell’art. 19 d.lgs. n. 546/1992 in quanto il provvedimento di rifiuto parziale di autotutela non sarebbe compreso nell’elenco tassativo di cui alla citata disposizione.
La Corte di Cassazione, nel ritenere fondate le censure dell’Ufficio, ricorda il principio già espresso in argomento dalle Sezioni Unite con sentenza n. 3698 del 16/02/2009 (Rv. 606565) e secondo il quale «in tema di contenzioso tributario, fatto con il quale l’Amministrazione manifesti il rifiuto di ritirare, in via di autotutela, un atto impositivo divenuto definitivo, non rientra nella previsione di cui all’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e non è quindi impugnabile, sia per la discrezionalità da cui l’attività di autotutela è connotata in questo caso, sia perché, altrimenti, si darebbe ingresso ad una inammissibile controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo».

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Il contribuente pertanto proponeva ricorso innanzi alla Commissione tributaria avverso i provvedimenti di annullamento parziale degli avvisi presupposti.
Quest’ultimi in particolare non erano stati oggetto di autonoma impugnativa ed erano, pertanto, divenuti definitivi.
Avverso la sentenza della Commissione Regionale Tributaria che accoglieva le censure del contribuente proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate eccependo la violazione dell’art. 19 d.lgs. n. 546/1992 in quanto il provvedimento di rifiuto parziale di autotutela non sarebbe compreso nell’elenco tassativo di cui alla citata disposizione.
La Corte di Cassazione, nel ritenere fondate le censure dell’Ufficio, ricorda il principio già espresso in argomento dalle Sezioni Unite con sentenza n. 3698 del 16/02/2009 (Rv. 606565) e secondo il quale «in tema di contenzioso tributario, fatto con il quale l’Amministrazione manifesti il rifiuto di ritirare, in via di autotutela, un atto impositivo divenuto definitivo, non rientra nella previsione di cui all’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e non è quindi impugnabile, sia per la discrezionalità da cui l’attività di autotutela è connotata in questo caso, sia perché, altrimenti, si darebbe ingresso ad una inammissibile controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo».
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