Due azioni di risarcimento, un solo illecito: è abuso del diritto?
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 21318/15, depositata il 21 ottobre torna a pronunciarsi in tema di abuso del diritto.
Il caso sottoposto all’attenzione dei Giudici di Piazza Cavour è il seguente: all’esito di un sinistro stradale il danneggiato incardinava due distinte azioni: la prima volta ad ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali al motociclo; la seconda per il risarcimento del danno patrimoniale, e non, relativo alle lesioni personali.
Tale seconda azione veniva dichiarata improcedibile dal Tribunale adito, ravvisando un abuso del diritto sulla base dell’orientamento della giurisprudenza di legittimità, anche in riferimento al credito risarcitorio (Sentenza 13 luglio 2012). L’appello avverso la suddetta sentenza veniva dichiarato inammissibile con ordinanza ex art. 348 bis c.p.c.
La Cassazione nel richiamare i precedenti giurisprudenziali che hanno esteso il principio dell’abuso del diritto all’ipotesi di frazionamento della domanda di risarcimento davanti a distinti giudici (Cass. n. 28286 del 2011) ha rigettato il ricorso presentato dal danneggiato in quanto «In tema di risarcimento dei danni da responsabilità civile, non è consentito al danneggiato, in presenza di un danno derivante da un unico fatto illecito, riferito alle cose ed alla persona, già verificatosi nella sua completezza, di frazionare la tutela giurisdizionale mediante la proposizione di distinte domande, parcellizzando l’azione extracontrattuale davanti al giudice di pace ed al tribunale in ragione delle rispettive competenze per valore, e ciò neppure mediante riserva di far valere ulteriori e diverse voci di danno in altro procedimento, in quanto tale disarticolazione dell’unitario rapporto sostanziale nascente dallo stesso fatto illecito, oltre ad essere lesiva del generale dovere di correttezza e buona fede, per l’aggravamento della posizione del danneggiante-debitore, si risolve anche in un abuso dello strumento processuale».
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Tale seconda azione veniva dichiarata improcedibile dal Tribunale adito, ravvisando un abuso del diritto sulla base dell’orientamento della giurisprudenza di legittimità, anche in riferimento al credito risarcitorio (Sentenza 13 luglio 2012). L’appello avverso la suddetta sentenza veniva dichiarato inammissibile con ordinanza ex art. 348 bis c.p.c.
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