
Quando il pedone è responsabile nell’attraversare una strada?
Con ordinanza n. 29254/2018 la Suprema Corte di Cassazione è tornata nuovamente ad affrontare i danni subiti da un pedone in caso di attraversamento della carreggiata.
Il pedone citava in giudizio il conducente e la sua assicurazione per chiederne la condanna al risarcimento dei danni in occasione di un sinistro stradale nel quale veniva investito mentre stava attraversando la strada.
Il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda di risarcimento dei danni ritenendo che fosse prevalente il concorso di colpa del danneggiato.
Quest’ultimo impugnava la sentenza in grado di appello.
Il Collegio accoglieva parzialmente il gravame riconoscendo anche gli interessi e la rivalutazione confermando, però, il grado di responsabilità.
Il danneggiato impugnava per cassazione la sentenza affidandosi a 4 motivi di ricorso.
Sostanzialmente il ricorrente si lamentava della misura di responsabilità del sinistro allo stesso addebitata specificando che il Collegio non aveva tenuto conto della perfetta visibilità e della violazione dei limiti di velocità da parte del conducente della vettura.
La Suprema Corte ricorda che in materia di responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, la ricostruzione delle modalità del fatto generatore del danno, la valutazione della condotta dei singoli soggetti che vi sono coinvolti, l’accertamento e la graduazione della colpa, l’esistenza o l’esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l’evento dannoso, integrano altrettanti giudizi di merito, come tali sottratti al sindacato di legittimità se il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico (v., tra le altre, le sentenze 23 febbraio 2006, n. 4009, 25 gennaio 2012, n. 1028, 30 giugno 2015, n. 13421, nonché l’ordinanza 22 settembre 2017, n. 22205).
Nel caso in esame la Corte d’appello ha motivato la scelta di addebitare la responsabilità del sinistro in misura dei tre quarti a carico del danneggiato e per il residuo quarto a carico del danneggiante tenendo conto:
– delle dichiarazioni dell’unico testimone escusso che riferiva che il danneggiato attraversava la strada con andamento barcollante e che «puzzava di birra»;
– che lo stesso era positivo all’uso di sostanze stupefacenti;
– che la strada era priva di illuminazione artificiale e in ora buia.
Per contro l’unico addebito posto al conducente della vettura era stata la velocità elevata.
Sulla base di tali motivi la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso.
Avv. Gavril Zaccaria

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Quest’ultimo impugnava la sentenza in grado di appello.
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Sostanzialmente il ricorrente si lamentava della misura di responsabilità del sinistro allo stesso addebitata specificando che il Collegio non aveva tenuto conto della perfetta visibilità e della violazione dei limiti di velocità da parte del conducente della vettura.
La Suprema Corte ricorda che in materia di responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, la ricostruzione delle modalità del fatto generatore del danno, la valutazione della condotta dei singoli soggetti che vi sono coinvolti, l’accertamento e la graduazione della colpa, l’esistenza o l’esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l’evento dannoso, integrano altrettanti giudizi di merito, come tali sottratti al sindacato di legittimità se il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico (v., tra le altre, le sentenze 23 febbraio 2006, n. 4009, 25 gennaio 2012, n. 1028, 30 giugno 2015, n. 13421, nonché l’ordinanza 22 settembre 2017, n. 22205).
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– che lo stesso era positivo all’uso di sostanze stupefacenti;
– che la strada era priva di illuminazione artificiale e in ora buia.
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