
Beni comuni condominio: quali sono i limiti di sfruttamento
La Corte di Cassazione si è di recente occupata – con sentenza n. 19915 del 22 settembre 2014 – della questione di interventi modificativi sulle parti comuni del condominio, soffermandosi in particolare sui loro presupposti di ammissibilità, nonché puntualizzando se sia necessario verificare in concreto il ricorrere dei requisiti.
La Corte ha occasione di ricordare come sia consentito l’uso della cosa comune, a condizione che non ne venga alterata la destinazione e che sia permesso agli altri condomini di farne parimenti uso secondo il loro diritto (art. 1102 c.c.); sottolinea poi che è necessario verificare in concreto la sussistenza delle condizioni e le possibili conseguenze dell’uso delle parti comuni – ossia l’effettiva alterazione della destinazione o l’effettivo impedimento agli altri condomini.
La Suprema Corte ha mantenuto l’orientamento della costante giurisprudenza, nel senso di riconoscere che il principio di solidarietà cui devono essere informati i rapporti condominiali richiede un costante equilibrio tra le esigenze e gli interessi di tutti i condomini; dunque lo sfruttamento esclusivo del bene da parte del singolo che ne impedisca la simultanea fruizione degli altri integra un’ipotesi di uso illegittimo e il bilanciamento degli interessi dev’essere operato in concreto.
Infine la Suprema Corte precisa che la destinazione della cosa si debba valutare in una prospettiva “dinamica”, tutelando la destinazione complessiva del bene comune in ragione della sua funzionalità, non meramente l’immodificabilità materiale.

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