Commento sulla Sentenza della Corte di Cassazione sez III Penale n. 30532/24 RG. n. 3103/2024
Con la sentenza n. 30532/24 RG. n. 3103/2024, la Corte di Cassazione Sez III. Penale si è pronunciata sul ricorso avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Lecce in data 05/07/2023, annullando quest’ultima con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della stessa Corte di Appello di Lecce.
La Cassazione ha considerato il ricorso fondato poiché ha sostenuto che la Corte di Appello non si fosse adeguata ai principi enunciati dalle sentenze che la stessa Corte di Cassazione ha richiamato nel “considerato in diritto” e alla linea interpretativa maggioritaria sulla questione in esame.
In particolare, è stata richiamata la sentenza n. 31352 della stessa Corte di Cassazione Sez. III emessa in data 05/05/2021 in quanto ha previsto che:
«in tema di reati tributari. l’omesso versamento dell’IVA dipeso dal mancato incasso di crediti non esclude la sussistenza del dolo richiesto dall’art. 10-ter del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, trattandosi di inadempimento riconducibile all’ordinario rischio di impresa, sempre che tali insoluti siano contenuti entro una percentuale da ritenersi fisiologica».
Quest’ultima sentenza, dopo aver richiamato il summenzionato principio, ha annullato con rinvio la sentenza di condanna riguardante insoluti per il 43% del fatturato, cui aveva fatto seguito una grave crisi di liquidità.
Lo stesso principio è stato nuovamente richiamato e condiviso nella sentenza n. 19651 emessa dalla Stessa Sezione in data 24/02/2022, in ordine al rilievo da attribuire ad una crisi di liquidità determinata dal mancato pagamento delle fatture emesse.
Nello specifico, si evidenziava la necessità di tenere in debita considerazione le deduzioni difensive per dimostrare un’impossibilità concreta di far fronte agli obblighi di versamento, in presenza di una situazione di crisi dell’impresa indotta, ad esempio, da ingenti inadempimenti dei clienti.
La Cassazione ha ravvisato che la Corte di Appello non ha avuto cura delle argomentazioni difensive avanzate in ordine all’impossibilità di far fronte agli obblighi di versamento per cause indipendenti dal ricorrente e a lui non imputabili.
La Corte di Appello aveva infatti ritenuto le doglianze generiche per stabilire se la situazione di crisi prospettata avesse determinato il mancato pagamento dei crediti ovvero una crisi delle commesse, accogliendo l’indirizzo giurisprudenziale più rigoroso, il quale esclude assolutamente la possibilità di evocare la scriminante ai sensi dell’art 51 c.p. in presenza di una scelta di privilegiare il pagamento delle retribuzioni piuttosto che versare le ritenute.
La Corte di Cassazione ha ritenuto sia che quest’ultima affermazione fosse manifestamente illogica, sia che la sentenza impugnata nel complesso non fornisse le risposte adeguate alle deduzioni difensive inerenti all’impossibilità concreta di far fronte ai versamenti dovuti, anche alla luce del recente intervento normativo del d. lgs. n. 87/2024 che ha introdotto un’ulteriore causa di non punibilità per i reati di cui all’art. 10-ter d. lgs. n. 74/2000, per il quale è stato condannato il ricorrente.
Con il nuovo comma 3-bis è stato previsto che:
“se il fatto dipende da cause non imputabili all’autore sopravvenute, rispettivamente, all’effettuazione delle ritenute o all’incasso dell’imposta sul valore aggiunto. Ai fini di cui al primo periodo, il giudice tiene conto della crisi non transitoria di liquidità dell’autore dovuta alla inesigibilità dei crediti per accertata insolvenza o sovraindebitamento di terzi o al mancato pagamento di crediti certi ed esigibili da parte di amministrazioni pubbliche e della non esperibilità di azioni idonee al superamento della crisi”.
Pertanto, la Cassazione ha annullato la sentenza della Corte di Appello con rinvio per nuovo giudizio.
Dott.ssa Giulietta Cicioni
Commento sulla Sentenza della Corte di Cassazione sez III Penale n. 30532/24 RG. n. 3103/2024
Con la sentenza n. 30532/24 RG. n. 3103/2024, la Corte di Cassazione Sez III. Penale si è pronunciata sul ricorso avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Lecce in data 05/07/2023, annullando quest’ultima con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della stessa Corte di Appello di Lecce.
La Cassazione ha considerato il ricorso fondato poiché ha sostenuto che la Corte di Appello non si fosse adeguata ai principi enunciati dalle sentenze che la stessa Corte di Cassazione ha richiamato nel “considerato in diritto” e alla linea interpretativa maggioritaria sulla questione in esame.
In particolare, è stata richiamata la sentenza n. 31352 della stessa Corte di Cassazione Sez. III emessa in data 05/05/2021 in quanto ha previsto che:
«in tema di reati tributari. l’omesso versamento dell’IVA dipeso dal mancato incasso di crediti non esclude la sussistenza del dolo richiesto dall’art. 10-ter del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, trattandosi di inadempimento riconducibile all’ordinario rischio di impresa, sempre che tali insoluti siano contenuti entro una percentuale da ritenersi fisiologica».
Quest’ultima sentenza, dopo aver richiamato il summenzionato principio, ha annullato con rinvio la sentenza di condanna riguardante insoluti per il 43% del fatturato, cui aveva fatto seguito una grave crisi di liquidità.
Lo stesso principio è stato nuovamente richiamato e condiviso nella sentenza n. 19651 emessa dalla Stessa Sezione in data 24/02/2022, in ordine al rilievo da attribuire ad una crisi di liquidità determinata dal mancato pagamento delle fatture emesse.
Nello specifico, si evidenziava la necessità di tenere in debita considerazione le deduzioni difensive per dimostrare un’impossibilità concreta di far fronte agli obblighi di versamento, in presenza di una situazione di crisi dell’impresa indotta, ad esempio, da ingenti inadempimenti dei clienti.
La Cassazione ha ravvisato che la Corte di Appello non ha avuto cura delle argomentazioni difensive avanzate in ordine all’impossibilità di far fronte agli obblighi di versamento per cause indipendenti dal ricorrente e a lui non imputabili.
La Corte di Appello aveva infatti ritenuto le doglianze generiche per stabilire se la situazione di crisi prospettata avesse determinato il mancato pagamento dei crediti ovvero una crisi delle commesse, accogliendo l’indirizzo giurisprudenziale più rigoroso, il quale esclude assolutamente la possibilità di evocare la scriminante ai sensi dell’art 51 c.p. in presenza di una scelta di privilegiare il pagamento delle retribuzioni piuttosto che versare le ritenute.
La Corte di Cassazione ha ritenuto sia che quest’ultima affermazione fosse manifestamente illogica, sia che la sentenza impugnata nel complesso non fornisse le risposte adeguate alle deduzioni difensive inerenti all’impossibilità concreta di far fronte ai versamenti dovuti, anche alla luce del recente intervento normativo del d. lgs. n. 87/2024 che ha introdotto un’ulteriore causa di non punibilità per i reati di cui all’art. 10-ter d. lgs. n. 74/2000, per il quale è stato condannato il ricorrente.
Con il nuovo comma 3-bis è stato previsto che:
“se il fatto dipende da cause non imputabili all’autore sopravvenute, rispettivamente, all’effettuazione delle ritenute o all’incasso dell’imposta sul valore aggiunto. Ai fini di cui al primo periodo, il giudice tiene conto della crisi non transitoria di liquidità dell’autore dovuta alla inesigibilità dei crediti per accertata insolvenza o sovraindebitamento di terzi o al mancato pagamento di crediti certi ed esigibili da parte di amministrazioni pubbliche e della non esperibilità di azioni idonee al superamento della crisi”.
Pertanto, la Cassazione ha annullato la sentenza della Corte di Appello con rinvio per nuovo giudizio.
Dott.ssa Giulietta Cicioni
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