Responsabilità civile dei magistrati: nuova sentenza della Cassazione

La disciplina sulla responsabilità civile dei magistrati è stata oggetto di svariate riforme nel corso degli anni.

Un esempio significativo a riguardo è la recente sentenza della Corte di Cassazione n. 30309 del 31 ottobre 2023 che, nel reinterpretare le norme che si riferiscono alla suddetta responsabilità, segue il filone interpretativo della Corte Costituzionale (Sent. 205/2022) dove, in riferimento all’art. 2 comma 1 delle Legge 13 aprile 1988 n. 117, ne statuisce l’incostituzionalità nella parte in cui prevede il risarcimento di danno non patrimoniale nei soli casi di provvedimenti giudiziali illegittimi che dispongono la privazione della libertà personale.

La responsabilità civile dei magistrati viene disciplinata oggi dalla Legge 117//88 emendata dalla Legge 18/2015, il caso esaminato dalla Suprema Corte, invece, rientrava sotto la tutela della disciplina previgente.

In particolare, la vicenda si riferisce a due soggetti che, a seguito di alcuni provvedimenti cautelari di natura reale nei loro confronti adottati dal magistrato ma appurati come illegittimi, agiscono in giudizio al fine di farsi risarcire, oltre ai danni patrimoniali anche quelli di natura non patrimoniale.

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La domanda in questione venne respinta in secondo grado alla luce della disciplina che regolamenta la responsabilità civile dei magistrati della Legge 117/88 articolo 2 comma 1, che escludeva di fatto lo stesso danno non patrimoniale inerente ai casi di provvedimenti illegittimi che non ledevano la libertà personale del soggetto in causa.

La pronuncia però venne cassata dalla Corte che richiama quanto già statuito dalla Corte Costituzionale, sulla questione di costituzionalità sollevata dalla III Sezione della Corte di Cassazione con la pronuncia numero 205/2022 e che, come già anticipato, dichiara l’illegittimità costituzionale nella prima parte dell’art 2 comma 1 della Legge 13 aprile 1988 n. 117, nel testo che precede la modifica presentata dalla L. 27 febbraio 2015 n. 18 art. 2 comma 1 lett. a), dove non prevede il risarcimento dei danni non patrimoniali afferenti ai diritti inviolabili della persona diversi dalla libertà personale che la Costituzione garantisce e riconosce all’art. 2.

Sul punto la Corte ritiene del tutto irragionevole il fatto che il legislatore ne abbia negato la piena tutela risarcitoria.

Emerge a tal riguardo che, la selezione di un solo diritto inviolabile della persona, quello di cui all’art.13 Cost., insieme alla consapevolezza della rilevanza che assume la funzione del risarcimento dei danni non patrimoniali come tutela dei diritti inviolabili della persona, appalesi una certa contrarietà all’art. 3 Cost. con evidenti tratti di irragionevolezza. In effetti, a protezione dei diritti inviolabili della persona, selezionarne uno solo non giustifica la specificità dell’illecito civile nell’esercizio della funzione giudiziaria.

È qui dunque che risiede il delicato bilanciamento tra i principi di cui agli artt. 101 e 103 Cost., e gli interessi di chi risulta “ingiustamente danneggiato” (sentenza n. 164 del 2017, che richiama affermazioni già svolte nella sentenza n. 2 del 1968). Un’esigenza che preserva l’indipendenza e l’autonomia della magistratura nel confine labile tra lecito e illecito, tra azione civile espletata nei riguardi dello stato e azione di rivalsa nei confronti del magistrato.

Un principio di responsabilità del magistrato che tutela dunque il cittadino e che si contrappone però al principio d’indipendenza come caratteristica che ne fonda la sua funzione.

Dott.ssa Serenella Angelini