L’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. dinanzi al giudice civile

ottobre 31st, 2023|Diritto civile, Filippo D'Aniello|

L’ opposizione all’esecuzione (615 c.p.c.) ha lo scopo di contestare il diritto del creditore a procedere all’esecuzione, l’inesistenza o la modificazione del diritto riconosciuto nel titolo esecutivo, oppure ancora l’ammissibilità giuridica della pretesa coattiva.

Rientrano in questa forma, le opposizioni che hanno ad oggetto la legittimazione attiva o passiva dell’esecuzione (quando il debitore contesta di essere il soggetto tenuto ad ottemperare all’obbligo, o quando è contestato il diritto di quel creditore a procedere ad esecuzione in base al titolo esecutivo). Altro caso che pregiudica il diritto all’esecuzione è quello della sentenza provvisoriamente esecutiva che venga nel frattempo riformata in appello, oppure del titolo che non sia dotato di esecutività, oppure ancora del diritto che si sia estinto o modificato dopo la formazione del titolo esecutivo.

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L’opposizione all’esecuzione si differenzia dall’opposizione agli atti esecutivi in quanto, mentre la prima è finalizzata a contestare l’esistenza del diritto della parte istante a promuovere l’esecuzione (an dell’esecuzione), la seconda è lo strumento per contestare la regolarità formale del titolo, del precetto e dei singoli atti esecutivi (quomodo).

Sono legittimati a proporre opposizione all’esecuzione coloro che hanno interesse a contestare il diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata. È pertanto legittimato all’opposizione il debitore esecutato, (quando non abbia già alienato i beni soggetti ad esecuzione, perdendo pertanto l’interesse all’azione) e il terzo possessore o detentore del bene sottoposto ad esecuzione.

L’opposizione può avere ad oggetto l’esistenza del titolo esecutivo, ma non può tornare sul merito del contenuto del provvedimento che si è ormai formato, per contestarne la fondatezza. E’ possibile contestare l’esistenza del titolo esecutivo se ad esempio la sentenza è stata impugnata e riformata con revoca della provvisoria esecutività, e pertanto non ha  più validità di titolo esecutivo, oppure se la sentenza non aveva ancora acquisito autorità di giudicato o se il decreto ingiuntivo non era munito di formula esecutiva o non era dotato della provvisoria esecutività, ma non è possibile utilizzare lo strumento dell’opposizione per ridiscutere il contenuto della sentenza o per contestare il contenuto del decreto ingiuntivo.

Recentemente la Cassazione civile è intervenuta con la sentenza 22 maggio 2023, n. 14082, in tema di riscossione mediante ruolo delle spese di giustizia penali.

Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che, nel rigettare l’opposizione all’esecuzione proposta da un condannato in un processo a carico di più soggetti gravati da diverse imputazioni, aveva omesso di espungere, dalla statuizione di condanna alle spese, quelle non pertinenti al reato oggetto di condanna ovvero di connessione qualificata, secondo il disposto dell’art. 535 c.p.p., nella versione “ratione temporis” applicabile.

Difatti, la Cassazione ha precisato che possono essere fatte valere tramite l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., le contestazioni relative alla concreta determinazione dell’importo dovuto come liquidato dagli organi competenti, nell’ambito della quale l’interessato può limitarsi a contestare l’eccessività della somma liquidata, senza doverne specificare in dettaglio le ragioni, essendo tenuto a dettagliare le proprie contestazioni  solo all’esito della specificazione, da parte dell’ente creditore (ovvero dell’agente della riscossione), dei presupposti e delle modalità della autoliquidazione effettuata in via amministrativa, nonché della documentazione dell’attività svolta a tal fine dai funzionari competenti, funzionale a mettere il giudice in condizione di verificare, in concreto, se detta autoliquidazione sia stata effettuata correttamente.

Dott. Filippo D’Aniello