
L'opposizione dell'azionista all'omologazione del concordato fallimentare
Con una recente sentenza la Suprema Corte di Cassazione torna sul tema dell’omologazione del concordato fallimentare e sulla possibilità per l’azionista di proporre opposizione al medesimo.
La problematica fa perno sull’art. 129 della Legge fallimentare, il quale stabilisce, in maniera generica, che può proporre opposizione alla richiesta di omologazione del concordato fallimentare “anche qualsiasi altro interessato”, riferendosi a soggetti diversi dai creditori, diretti interessati della proposta. Ovviamente per essere legittimato a proporre tale azione, il soggetto il quale ne vuole usufruire deve essere in concreto titolare di un interesse qualificato che non si riduce alla sola qualità di azionista della società oggetto della procedura di concordato.
Questo poiché la posizione di opponente come intesa dalla norma sopracitata, implica un accertamento in concreto del pregiudizio che taluno possa subire a seguito dell’omologazione, e non invece la tutela di posizioni solo teoriche che il soggetto ritiene corrette.
Al fine di valutare se l’opponente-azionista sia portatore di un valido interesse, che, come tale, giustificherebbe la pretesa di una tutela giurisdizionale, quest’ultimo ha l’onere di dimostrare lo svantaggio in cui la sua posizione giuridica ricadrebbe se la proposta di concordato così come formulata venisse omologata dal giudice.
Non rileva dunque, ai fini della legittimazione all’opposizione, la mera circostanza che lo stesso, risultando essere azionista della società fallita, abbia un interesse di fatto a dedurre le irregolarità avvenute nello svolgimento della procedura concordataria, poiché, a prescindere dalla proposizione di un’opposizione, il giudice dell’omologazione, ai sensi del già menzionato art. 129 quarto comma, è comunque tenuto a verificarne e rilevarne d’ufficio la presenza.
Pertanto, sulla scorta di tale ricostruzione, gli Ermellini con la sentenza n. 31402 del 24 ottobre 2022, concordi con la giurisprudenza precedente sul punto (Corte di Cassazione, Sez. I civ., 31 ottobre 2016, n. 22045) hanno statuito che “L’azionista non è legittimato a proporre opposizione, ai sensi dell’art. 129 legge fall., all’omologazione del concordato fallimentare, a meno che non prospetti la concreta incidenza negativa che la soluzione offerta, rispetto al fallimento, determina sul suo interesse sostanziale a realizzare, attraverso la liquidazione, il valore della partecipazione”.
Avv. Valerio D’Urso

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Questo poiché la posizione di opponente come intesa dalla norma sopracitata, implica un accertamento in concreto del pregiudizio che taluno possa subire a seguito dell’omologazione, e non invece la tutela di posizioni solo teoriche che il soggetto ritiene corrette.
Al fine di valutare se l’opponente-azionista sia portatore di un valido interesse, che, come tale, giustificherebbe la pretesa di una tutela giurisdizionale, quest’ultimo ha l’onere di dimostrare lo svantaggio in cui la sua posizione giuridica ricadrebbe se la proposta di concordato così come formulata venisse omologata dal giudice.
Non rileva dunque, ai fini della legittimazione all’opposizione, la mera circostanza che lo stesso, risultando essere azionista della società fallita, abbia un interesse di fatto a dedurre le irregolarità avvenute nello svolgimento della procedura concordataria, poiché, a prescindere dalla proposizione di un’opposizione, il giudice dell’omologazione, ai sensi del già menzionato art. 129 quarto comma, è comunque tenuto a verificarne e rilevarne d’ufficio la presenza.
Pertanto, sulla scorta di tale ricostruzione, gli Ermellini con la sentenza n. 31402 del 24 ottobre 2022, concordi con la giurisprudenza precedente sul punto (Corte di Cassazione, Sez. I civ., 31 ottobre 2016, n. 22045) hanno statuito che “L’azionista non è legittimato a proporre opposizione, ai sensi dell’art. 129 legge fall., all’omologazione del concordato fallimentare, a meno che non prospetti la concreta incidenza negativa che la soluzione offerta, rispetto al fallimento, determina sul suo interesse sostanziale a realizzare, attraverso la liquidazione, il valore della partecipazione”.
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