Status giuridico di “vittima del dovere”: la domanda è imprescrittibile?

Con la recente sentenza n. 17740/2022, la Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, ha dichiarato l’imprescrittibilità della domanda giudiziale volta al riconoscimento dello status giuridico di “vittima del dovere”, la quale – pertanto – non è soggetta al termine prescrizionale ordinario di dieci anni decorrenti, alternativamente, dalla verificazione dell’evento che abbia dato luogo alla suddetta condizione, ovvero dall’entrata in vigore della legge n. 266/2005 che ha fornito, per la prima volta, una definizione normativa della posizione di “vittima del dovere”.

La questione dirimente, al fine di optare per l’individuazione di un termine prescrizionale dell’azione ovvero per l’imprescrittibilità della stessa, è da rinvenirsi nella definizione del complesso delle situazioni giuridiche soggettive afferenti alla categoria di “vittime del dovere” quale uno status giuridico, ovvero quale un insieme di situazioni giuridiche di vantaggio, di cui un soggetto sia titolare, senza che queste siano correlate ad una posizione (uno status) che lo stesso ricopre nella collettività.

La vicenda giuridica, che ha condotto alla pronuncia della Suprema Corte in commento, ha visto l’affermazione della condizione di “vittima del dovere” quale status giuridico in entrambi i gradi di merito: i giudici del merito hanno ritenuto che la condizione di “vittima del dovere” fosse da qualificarsi alla stregua di uno status giuridico, per il cui riconoscimento la proposizione di una domanda giudiziale risulta essere imprescrittibile ex art. 2934 c.c.

Avverso la decisione della Corte d’Appello, il Ministero della Difesa aveva presentato ricorso per Cassazione, sollevando vari motivi di censura, fra i quali “la falsa applicazione dell’art. 2934 c.c., per avere i giudici di merito ritenuto che la posizione di “vittima del dovere” rappresentasse uno status giuridico”.

La Suprema Corte ha rigettato, per infondatezza, entrambi i motivi di ricorso.

Segnatamente, la Suprema Corte ha confermato la decisione impugnata, ribadendo – sulla scia di ulteriori precedenti pronunce del medesimo collegio (Cass. n. 26012/2018 e Cass. n. 28696/2020) – che la posizione di “vittima del dovere” debba correttamente qualificarsi come uno status giuridico.

Al riguardo, la Corte argomenta che, ad oggi, la nozione di “status giuridico” debba essere oggetto di un’interpretazione maggiormente estensiva, da intendersi quale: “posizione soggettiva, sintesi di un insieme normativo applicabile ad una determinata persona e rilevante per il diritto in maniera non precaria né discontinua […], che secondo l’apprezzamento comune distingue un soggetto dagli altri” (in tal senso, Cass. S.U. n. 483/2000).

La Corte giunge, infine, a definire la vexata quaestio della riconducibilità della condizione di “vittime del dovere” (come tipizzata dalla legge n. 266/2005, art. 1, co. 563 e 564) nella nozione di status giuridico, passaggio logico dal quale deriverebbe automaticamente – ex art. 2934 c.c. – l’imprescrittibilità della domanda giuridica finalizzata al suo riconoscimento, salva la prescrizione decennale dei ratei delle prestazioni previdenziali e assistenziali.

In conclusione, la Suprema Corte – ritenendo che la condizione di “vittima del dovere” presenti i connotati di uno status giuridico, ne fa discendere, ex art. 2934 c.c., l’imprescrittibilità della relativa domanda giudiziale finalizzata al riconoscimento dello specifico status e all’azionamento dei relativi diritti. La Corte precisa, tuttavia, che l’imprescrittibilità della domanda giudiziale volta al riconoscimento dello status giuridico non si estende anche alla domanda finalizzata alla percezione dei benefici economici derivanti dall’erogazione delle prestazioni previdenziali o assistenziali connesse al medesimo status, la quale resta soggetta a prescrizione decennale.