LA NATURA DELLA CARTELLA DI PAGAMENTO

La commissione tributaria della Campania, con sentenza n. 3105/13/2018, aveva rigettato il ricorso proposto dall’ufficio dell’Agenzia delle Entrate contro la sentenza di primo grado che aveva annullato la cartella emessa nei confronti della società di una società ammessa alla procedura del concordato preventivo.

L’opinione della CTR, infatti, riconduceva l’emissione e la notifica della cartella di pagamento all’inizio dell’azione esecutiva e, applicando l’art. 168 l.f., riteneva giusto l’annullamento della stessa cartella contenuto nella sentenza di primo grado.

L’art. 168 l.f., per essere precisi, espressamente stabilisce che “Dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore [al decreto] non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore”. È facilmente intuibile, quindi, il ragionamento della CTR Campania che sta alla base del rigetto del ricorso precedentemente menzionato poiché, paragonando l’emissione alla cartella di pagamento all’inizio dell’azione esecutiva, applicava il disposto dell’art. 168 l.f. appena enunciato per annullarla.

Avverso questa sentenza l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione deducendo come motivo la violazione dell’art. 168 l.f. e dell’art. 491 c.p.c. il quale, per dovere di precisione, prevede che “Salva l’ipotesi prevista nell’articolo 502, l’espropriazione forzata si inizia col pignoramento”.

Infatti, secondo l’orientamento dell’Agenzia delle Entrate, la CTR avrebbe erroneamente equiparato l’emissione di una cartella di pagamento all’inizio dell’espropriazione forzata, considerandola come atto di esecuzione.

La Suprema Corte di Cassazione, riprendendo alcuni suoi precedenti provvedimenti, riteneva che la vera natura della cartella di pagamento non fosse assimilabile all’inizio dell’azione esecutiva e, di conseguenza, non poteva ostacolare l’emissione e la notifica della stessa anche dopo la domanda di concordato preventivo.

Più precisamente, la Corte di Cassazione, ha precisato innanzitutto che l’emissione di una cartella di pagamento è assimilabile al precetto; inoltre, ha puntualizzato che l’inizio dell’azione esecutiva, vietata dall’art. 168 l.f., si ha soltanto con il pignoramento, che è l’unico vero atto che da inizio alla procedura esecutiva.

Sommando questi due ragionamenti, è consequenziale la non applicabilità dell’art. 168 l.f. alla fattispecie in questione poiché manca il presupposto dell’esistenza di una vera e propria azione esecutiva, essendosi in presenza di un atto, la cartella di pagamento, che è parallelo solamente ad un atto di precetto.

 

Conclusioni

Con questa pronuncia, la Cassazione ha legittimato la cartella di pagamento anche se notificata alla società ammessa a concordato preventivo. L’atto del fisco, infatti, è assimilabile solo ed esclusivamente al mero precetto: non ricade nel divieto di azione esecutiva previsto dall’articolo 168 l. f. in quanto la procedura espropriativa vera e propria ha inizio soltanto con il pignoramento. Nessuna norma infatti impedisce all’amministrazione finanziaria di compiere le operazioni necessarie ad accertare il debito che la società in concordato ha nei confronti dell’erario.

 

Giuseppe Edoardo Tarabuso

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