Ne bis in idem al confine tra bancarotta fraudolenta documentale e occultamento e distruzione di documenti contabili

ottobre 16th, 2020|Articoli, Diritto fallimentare|

SUL RAPPORTO TRA BANCAROTTA FRAUDOLENTA DOCUMENTALE (216 COMMA 1 N.1 E COMMA 2 L.F) ED IL REATO DI OCCULTAMENTO O DISTRUZIONE DI DOCUMENTI CONTABILI (ART.10 D.LGS. N.74/200) – SENTENZA CASS. SEZ V N. 22486/2020

Con la sentenza in epigrafe la Corte di Cassazione si è espressa sulla sussistenza o meno dell’istituto del concorso formale tra il reato di bancarotta fraudolenta documentale ed il reato di occultamento o distruzione di documenti contabili.

Prima di passare ad un’analisi fattuale del caso di specie, occorre riportare le disposizioni normative sulle quali detti reati si basano:

  • Bancarotta documentale fraudolenta, art. 216. Comma 1 n. 1 e comma 2 della L. F. il quale recita: “È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

Comma 2: “La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili”.

  • Occultamento o distruzione di documenti contabili, art. 10 della L. n. 74/2000 sui reati Tributari, il quale recita : ” Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da tre a sette anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l’evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari”.

È la stessa Corte, durante la trattazione della controversia, ad ammettere la possibilità tra le due norme di entrare in conflitto e di conseguenza prospettare un’ipotesi di concorso apparente di norme.

Difatti, la condotta materiale prevista nell’art. 10 della legge sui Reati Tributari potrebbe coincidere con quella sanzionata dall’art. 216 della L.F., che prevede anch’essa l’occultamento o la distruzione delle scritture contabili.

Tema di sicuro interesse, che ha portato, in ogni modo, gli ermellini a ritenere che: “anche laddove prendessimo in considerazione l’occultamento o la distruzione delle stesse scritture contabili e/o della stessa documentazione, nulla osta alla contestazione di entrambi i reati, che offendono beni giuridici diversi e sono animati da un diverso fine”.

Pertanto, trattando i reati sotto il profilo della fattispecie astratta, si comprenderebbe come il rapporto in cui vessano non ricadrebbe nella semplice specialità, ma nella specialità reciproca, in ragione: a) del differente oggetto materiale dell’illecito; b) dei diversi destinatari del precetto penale; c) del divergente effetto lesivo delle condotte di reato; d) del differente oggetto del dolo specifico.

Ecco svelati quindi, gli elementi che hanno portato la Corte di Cassazione a ritenere inammissibile il primo motivo di ricorso presentato dal ricorrente, basato interamente sull’art.649 del c.p.p. (“Divieto di un secondo giudizio”) e dunque sulla mancata applicazione del ne bis in idem.

Sulla base di tali considerazioni, la Corte ha sancito: “La bancarotta documentale fraudolenta ed il reato di cui all’art. 10 della Legge sui reati tributari, concretano una ipotesi di concorso formale di reati e non pongono- allorché siano trattati congiuntamente- problemi di precedente giudicato, né di preclusione processuale” escludendo l’ipotesi di un concorso apparente di norme.

 

 Dott. Matteo Veraldi

Fonte foto: database freepik