Nuovo codice della crisi d’impresa: concordato preventivo e il nuovo regime delle misure protettive.

maggio 27th, 2019|Claudio Grimaldi, IMPRESE|

Il nuovo CODICE DELLA CRISI D’IMPRESA E DELL’INSOLVENZA, nel ridisciplinare sostanzialmente l’istituto del concordato preventivo, ha introdotto una nuova normativa in ordine al regime protettivo del patrimonio del debitore istante per il concordato dalle possibili azioni esecutive dei creditori, sostanzialmente eliminando il c.d. “automatic stay” oggi contemplato dall’art. 168 della Legge Fallimentare e, quindi, rimodulando completamente quel particolare e oggi automatico regime protettivo del patrimonio del  debitore che oggi ai sensi dell’art. 168 della Legge Fallimentare diviene operativo, automaticamente, per effetto alla pubblicazione nel Registro delle Imprese della domanda volta all’ammissione dell’impresa alla procedura di concordato.

Procedendo con ordine si evidenzia che l’art. 168 della Legge Fallimentare, in materia di concordato preventivo, dispone espressamente che “Dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore”.

Pertanto la pubblicazione nel Registro delle Imprese del ricorso con il quale il debitore ha chiesto al Tribunale Fallimentare di essere ammesso alla procedura di “concordato preventivo” rappresenta, quindi, un sorta di pubblicità “costitutiva”.

Infatti la pubblicazione in discorso rappresenta un evento essenziale affinchè entri in vigore il regime protettivo del c.d. “automatic stay”.

Conseguentemente la pubblicazione in discorso non sembra proprio rivestire quella natura meramente informativa tipica della pubblicità-notizia.

La “pubblicazione” in esame segna il dies a quo dal quale inizia a decorrere il c.d. “automatic stay” e quindi quel regime protettivo rispetto alle eventuali azioni esecutive o cautelari  contro il debitore che – proprio durante il tempo occorrente per la formulazione della proposta e del piano concordatario, per l’audizione dei creditori in merito alla proposta e sino alla definitiva omologazione del concordato preventivo – potrebbero di fatto turbare il normale iter della procedura concordataria, modificando la situazione patrimoniale sulla quale si fonda il piano concordatario e la proposta ai creditori.

Si è voluto, in sostanza, garantire all’imprenditore in crisi la possibilità di predisporre serenamente il piano e la proposta concordataria da sottoporre all’approvazione dei creditori, proteggendo il patrimonio dell’impresa dalle aggressive azioni dei creditori stessi.

Si è infatti avvertita la necessità di far collimare due distinte esigenze: da un lato quella di garantire che sia nella fase delle trattative che nella procedura di concordato preventivo i creditori abbiano un trattamento uniforme (nessuno può essere pagato al di fuori del concordato preventivo), dall’altro la necessità di garantire comunque la possibilità per i creditori di essere soddisfatti secondo la percentuale contemplata dal piano e della proposta concordataria, mantenendo quindi inalterata la consistenza patrimoniale dell’impresa in crisi durante tutto il tempo occorrente per lo svolgimento, proprio riguardo al piano e alla proposta, sia delle necessarie verifiche da parte dell’attestatore e degli organi procedurali (commissario giudiziale, Tribunale) e sia delle relative operazioni di voto da parte dei creditori.

Tuttavia nel concordato preventivo non sempre l’istituto del c.d. automatic stay è stato attivato per il conseguimento del nobile obiettivo sopra esposto.

A volte, infatti, proprio il regime protettivo dell’automatic stay ha rappresentato la principale causa di un vero e proprio abuso dello strumento concordatario, al quale molti imprenditori hanno fatto ricorso non tanto al fine di porre rimedio ad una crisi d’impresa in atto od imminente, quanto piuttosto al solo fine di giovarsi esclusivamente del c.d. “blocco delle azioni esecutive”  per tutto il tempo decorrente “Dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo”.

Probabilmente per tale ragione, e quindi al fine di evitare che nel concordato preventivo le misure protettive potessero essere utilizzate indipendentemente dalla sussistenza di valide ragioni giustificative e in danno del ceto creditorio, il legislatore della riforma ha ritenuto opportuno intervenire al riguardo e porre adeguati limiti e confini all’istituto in discorso.

Nel nuovo Codice, invece, viene meno l’automatica impossibilità di promuovere azioni esecutive da parte dei creditori anteriori al decreto di apertura della procedura.

Invero, ai sensi dell’art. 54 del Codice della crisi d’impresa, le misure cautelari e protettive possono essere chieste al Tribunale ovvero alla Corte d’Appello, in pendenza di giudizio di reclamo, nel corso del procedimento per l’apertura del concordato preventivo.

Per provvedimenti cautelari s’intende quelli emessi a tutela del patrimonio del debitore e che siano idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della sentenza di omologazione del concordato preventivo, mentre, per misure protettive il Codice si riferisce ai provvedimenti temporanei per evitare che determinate azioni dei creditori possano pregiudicare il buon esito delle iniziative assunte per l’omologazione della procedura di concordato preventivo.

I provvedimenti cautelari saranno emessi dal giudice sulla base di un’autonoma e formale istanza di parte, formulata nella domanda di accesso al concordato.

A titolo esemplificativo, rientrano nella categoria di tali provvedimenti il sequestro conservativo, la nomina di un custode dell’azienda del debitore. È d’uopo considerare che tale ultimo provvedimento, ossia la nomina di un custode, potrebbe indurre il debitore a ricorrere al concordato preventivo per il timore di perdere il controllo dell’azienda.

Il Giudice, sentite le parti, procederà nel modo che ritiene più opportuno agli atti istruttori che ritiene indispensabili in relazione alla misura richiesta. Nei casi di urgenza, in particolare quando la convocazione delle parti potrebbe pregiudicare l’attuazione del provvedimento, il Giudice provvede con decreto emesso inaudita altera parte ed assunte sommarie informazioni, fissando l’udienza di comparizione delle parti solo per confermare, modificare o revocare i provvedimenti già emanati.

A differenza dei provvedimenti cautelari, le misure protettive – previa richiesta del debitore nel ricorso per l’ammissione al concordato preventivo – avranno automaticamente efficacia a partire dalla pubblicazione della domanda di accesso nel registro imprese.

Tuttavia, entro 30 giorni dalla pubblicazione della domanda di accesso nel registro imprese, il Giudice, assunte sommarie informazioni, potrà confermare o revocare le misure protettive già provvisoriamente e automaticamente produttive di effetti, stabilendone in caso di conferma anche la relativa durata.

In sostanza, stando alle disposizioni del nuovo codice, non vi sarà più il c.d. automatic stay in quanto le misure protettive: 1) dovranno essere chieste all’Autorità Giudiziaria; 2) dovranno essere disposte oppure confermate dall’Autorità Giudiziaria medesima; 3) avranno una durata prestabilita e potranno essere oggetto di revoca da parte dell’Autorità Giudiziaria.

Alla stregua di quanto sopra esposto appare evidente l’intenzione del legislatore – probabilmente al fine di prevenire abusi nell’utilizzo degli strumenti di composizione concordata della crisi d’impresa, di sottoporre al contraddittorio delle parti (imprenditore e creditori) la questione relativa alla concessione o meno delle misure cautelari e protettive e di condizionare non solo sia la concessione di dette misure che la loro durata alle valutazioni dell’Autorità Giudiziaria.

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