Matrimoni gay, la giurisdizione sulla trascrizione

Il tema delle unioni civili e del matrimonio tra persone dello stesso sesso è ancora di grande attualità. In Italia si parla di unioni civili, ma a gran voce si invoca una legge che riconosca legittimità al matrimonio omosessuale.

Sebbene in Italia non sia ancora previsto il matrimonio fra persone dello stesso sesso, si ammette la trascrizione dell’atto concluso all’estero. L’atto, tuttavia, non può essere trascritto come matrimonio ai sensi della legge italiana, ma attualmente verrà trascritto come unione civile.

Sappiamo infatti che in Europa il matrimonio omosessuale è già stato riconosciuto in diversi paesi come Regno Unito, Irlanda, Germania, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia Paesi Bassi, Lussemburgo, Belgio, Spagna, Francia e Malta. In Italia, invece, nel 2016 la Legge n. 76, la cosiddetta L. Cirinnà ha introdotto le unioni civili.

La differenza tra i due istituti non è solo terminologica, bensì investe alcuni aspetti del rapporto. Si può immediatamente notare che l’art. 29 della nostra Costituzione descrive il matrimonio come una società naturale fondata sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, mentre le unioni civili sono delle specifiche formazioni sociali fra persone dello stesso sesso cui la legge riconosce una parziale equiparazione al matrimonio.

Le più importanti differenze possono riassumersi in cinque punti:

  1. Il rito dell’unione civile, oltre ad essere più snello – non essendoci delle formule e delle promesse – non prevede l’obbligo di fedeltà, né di collaborazione, ma esclusivamente l’obbligo di assistenza morale e materiale;
  2. è prevista la possibilità di scegliere un cognome di famiglia, tra quello delle parti;
  3. non è previsto un periodo di separazione prima dello scioglimento;
  4. le parti acquistano i medesimi diritti e doveri, anche dal punto di vista economico, nei confronti del nucleo familiare;
  5. in materia penale, per le unioni civili non è possibile estendere i reati previsti per l’unione familiare contratta con matrimonio (es. delitti contro la famiglia, violazione dell’obbligo di assistenza, maltrattamenti).

Tuttavia, Al fine di garantire l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi che derivano dalle unioni civili, la legge Cirinnà introduce una “clausola di generale equivalenza” alle disposizioni che si riferiscono al “matrimonio” e ai “coniugi”.

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La questione della trascrizione del matrimonio contratto all’estero è stata una questione dubbia e dibattuta. La giurisprudenza della Cassazione inizialmente aveva negato tale possibilità sul presupposto che l’atto non fosse riconoscibile come matrimonio secondo l’ordinamento italiano. Si ricorderà, a tal proposito, il caso della richiesta di trascrizione di matrimonio contratto all’estero da una coppia omosessuale di Latina, alla quale fu negata la trascrizione proprio con questa argomentazione (CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I CIVILE – SENTENZA 15 marzo 2012, n.4184). Successivamente, all’atto costituito all’estero la giurisprudenza ricollegava gli effetti di un’unione di fatto.

A tal fine la legge n. 76 del 2016 aveva disposto una delega al Governo per la «modifica e riordino delle norme in materia di diritto internazionale privato In sostanza, quella richiedeva l’adeguamento delle disposizioni in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni.

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In attuazione della delega, il Governo ha provveduto – attraverso lo schema del decreto legislativo – al riordino delle norme di diritto internazionale privato in materia di unioni civili tra persone dello stesso sesso, modificando la precedente L. 218 del 1995.

L’art. 32 bis ora sancisce che «Il matrimonio contratto all’estero da cittadini italiani con persona dello stesso sesso produce gli effetti dell’unione civile regolata dalla legge italiana».

L’art. 32 quinquies stabilisce che «l’unione civile, o altro istituto analogo, costituiti all’estero tra cittadini italiani dello stesso sesso abitualmente residenti in Italia produce gli effetti dell’unione civile regolata dalla legge italiana».

Come sottolineato dalla Relazione Illustrativa si vuole in sostanza evitare “comportamenti elusivi della disciplina italiana di cittadini italiani che si rechino all’estero per sottrarsi alla legge n. 76 del 2016 in una logica di system shopping“.

Qualora sorga controversia circa la trascrizione dell’atto – e venga impugnato il provvedimento emesso dall’ufficiale di stato civile – la questione rientra nella giurisdizione del giudice ordinario così come ha confermato la Corte di Cassazione, (Sezioni Unite, sentenza del 27 giugno 2018 n. 16957).

In base all’art. 8 del cod. proc. amm. infatti “il giudice amministrativo nelle materie in cui non ha giurisdizione esclusiva conosce, senza efficacia di giudicato, di tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti, la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale. Restano riservate all’autorità giudiziaria ordinaria le questioni pregiudiziali concernenti lo stato e la capacità delle persone, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio, e la risoluzione dell’incidente di falso”.

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Questione diversa è a chi spetti la trascrizione del matrimonio omosessuale come unione civile. Il d.lgs. 19 gennaio 2017 n. 5 – il quale si aggiunge al precedente r.d. 1238/1939 – reca l’adeguamento delle disposizioni in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni ed istituisce il “registro delle unioni civili”.

Tuttavia, sembra manchi un reale coordinamento tra le normative. Secondo quanto disposto dall’art. 134 bis del r.d. 1238/1939 nel registro dell’ufficiale di stato civile si registrano «gli atti di costituzione delle unioni civili avvenute all’estero e gli atti di matrimoni tra persone dello stesso sesso avvenuti all’estero». Questo sembra mal conciliarsi con l’art 32 bis citato il quale, ai fine della trascrizione, richiede la riqualificazione del rapporto: da matrimonio a unione civile.

L’individuazione della competenza, dunque, dipenderebbe dalla necessità di riqualificare l’atto.

  • Il matrimonio compiuto da cittadini italiani all’estero, al momento della trascrizione dovrebbe essere riqualificato in termini di unione civile; in tal caso si avrebbe la giurisdizione del giudice ordinario.
  • I matrimoni contratti tra stranieri, (che, ad esempio, richiedano la trascrizione perché residenti in Italia) invece, dovrebbero essere direttamente trascritti nel registro dei matrimoni. Gli stranieri, infatti, procedono al compimento di un atto perfettamente disciplinato dall’ordinamento di provenienza. Per quelli, dunque, basterebbe la trascrizione dell’ufficiale di stato civile.

Secondo una parte della dottrina, invece, si dovrebbe imporre la trascrizione nel registro delle unioni civili di tutti i matrimoni fra persone dello stesso sesso, senza distinzione.

La questione potrebbe trovare soluzione con l’attuazione dell’“archivio nazionale informatizzato” unicamente di competenza dell’ufficiale di stato civile.

Fino ad allora, tutti i matrimoni conclusi all’estero da cittadini italiani, o da una coppia in cui vi è almeno un cittadino italiano, necessiterebbero di riqualificazione giuridica. In virtù di quest’ultima rimane ferma la competenza del giudice ordinario. Tale disciplina risponde alla ratio di evitare l’elusione della disciplina italiana, con il preciso obiettivo di scegliere il paese in cui la normativa è più congeniale ad ottenere la qualificazione del rapporto desiderata.

Sorge il dubbio se questo assetto non violi l’art. 3 della Costituzione. Infatti, confrontando il trattamento prevista per lo straniero, emerge una diversità di trattamento rispetto a quanto previsto per il cittadino italiano,

Per evitare conflitti sarebbe certamente auspicabile un adeguamento del nostro assetto normativo a quanto previsto dagli altri ordinamenti europei in materia, introducendo a tutti gli effetti il “matrimonio omosessuale”.

Diana De Gaetani