Rottamazione cartelle: vietato addossare le spese processuali solo sul contribuente

Con sentenza n. 7107/2019, la V Sezione Civile della Cassazione affronta la questione inerente le spese processuali del giudizio estinto a seguito della procedura di rottamazione.

Orbene, la Suprema Corte ha osservato sul punto che la procedura di rottamazione è una species del più ampio genus della definizione agevolata e dunque “la condanna alle spese del contribuente contrasterebbe con la ratio della definizione agevolata”.

Gli Ermellini hanno ritenuto la sussistenza delle condizioni per dichiarare estinto il giudizio per rinuncia, ai sensi dell’art 391 c.p.c., al ricorrere cumulativo delle seguenti condizioni:

1) che il ricorrente abbia previamente presentato rinuncia al ricorso avendo richiesto, ai sensi dalla L. 1° dicembre 2016, n 775, la definizione agevolata dei carichi da riscuotere da parte dell’agente della riscossione, inerenti agli avvisi di accertamento per i quali è stato avviato il contenzioso in corso;

2) che il ricorrente abbia accettato a rinunciare ai giudizi pendenti e abbia dichiarato sotto propria responsabilità di avere nel contempo versato, nel rispetto dei termini ex lege, ossia entro e non oltre il 2017, le prime due rate, pari al 70% delle somme complessivamente dovute;

3) che la rinuncia venga notificata regolarmente all’Avvocatura erariale.

La Cassazione, dunque, ha statuito che, al ricorrere delle seguenti condizioni è dichiarato estinto il giudizio, precisando, tuttavia, che l’estinzione per rinuncia comporta la compensazione integrale tra le parti delle spese del giudizio.

Infatti, non può ritenersi sussistente la facoltà del giudice, ex art 391 c.2 c.p.c., di dichiarare che “le spese processuali seguano la rinuncia”, poiché la condanna alle spese del contribuente contrasterebbe con la causa stessa della procedura di definizione agevolata.

Luca Chiaretti