Il focus: il riesame cautelare reale

febbraio 10th, 2019|Articoli, Diritto penale, Marta Mazzone|

Le misure cautelari reali, previste dal titolo II del libro IV del codice di procedura penale, sono provvedimenti che incidono sul patrimonio dell’imputato, realizzando un vincolo di indisponibilità su di esso e assolvendo precise funzioni cautelari.

Dette misure, già dalla collocazione sistematica, si differenziano da altre misure previste dal codice di rito, in quanto è differente lo specifico finalismo cui tendono: il vincolo di indisponibilità sulla cosa infatti, corrisponde ad un’esigenza di tipo cautelare e non ad una esigenza di natura probatoria, come accade in altre ipotesi di sequestro, non a caso inserito tra i mezzi di prova.

Il codice di rito distingue due diverse tipologie di misure cautelari reali, accumunate dalla finalità cautelare, ma differenti sul piano delle esigenze da soddisfare.

Il sequestro conservativo garantisce, attraverso l’indisponibilità giuridica dei beni, l’adempimento di obbligazioni gravanti sull’imputato e connesse al reato, diversamente, in quello preventivo, la necessità di impedire l’aggravamento o la protrazione delle conseguenze del reato o la commissione di altri illeciti, giustifica la compressione di diritti individuali di proprietà e di libera iniziativa economica privata.

Infatti, mentre il sequestro conservativo (art. 316 c.p.p.) è disposto con ordinanza dal giudice procedente, su richiesta del PM o della parte civile, quando vi sia fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie per il pagamento della pena pecuniaria, delle spese di giustizia o di altre somme dovute all’Erario, il sequestro preventivo (art. 321 c.p.p.) è disposto con decreto motivato del giudice, quando esista il pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso o comunque agevolare la commissione di altri reati. Quest’ultima tipologia di sequestro può inoltre essere disposta quando sorga – nel corso delle indagini preliminari – una situazione di urgenza talmente grave da non poter attendere il provvedimento del giudice, ne consegue che il decreto che dispone la misura potrà provenire dal PM o dalla Polizia Giudiziaria, ma dovrà essere convalidato dal giudice entro 48 ore. Il sequestro perde efficacia se non sono osservati i termini previsti dall’art. 321, c.3-bis, c.p.p.

Contro il provvedimento che ha disposto la misura cautelare – in un’ottica garantistica per i soggetti coinvolti – può essere proposta richiesta di riesame, anche nel merito, a norma dell’art. 324 del codice di rito.

La richiesta di riesame è quindi un mezzo di impugnazione delle misure cautelari e si propone dinnanzi al Tribunale collegiale del capoluogo di provincia in cui ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento, entro dieci giorni dalla “data di esecuzione del provvedimento che ha disposto il sequestro o dalla diversa data in cui l’interessato è venuto a conoscenza dell’avvenuto sequestro”. Subito dopo il deposito del ricorso “la cancelleria dà immediato avviso all’autorità giudiziaria procedente che, entro il giorno successivo, trasmette al Tribunale gli atti su cui si fonda il provvedimento oggetto di riesame”.

Così come avviene per le misure cautelari personali, il riesame, essendo mezzo di gravame totalmente devolutivo, è lo strumento di maggior garanzia, perché consente di far valere non solo i vizi di legittimità ma anche quelli di merito (artt. 318 c.1 e 322 c.1 c.p.p.)

La previsione della composizione collegiale dell’organo competente a decidere sulla richiesta si giustifica in considerazione del fatto che i limiti posti alla disponibilità del patrimonio incidono comunque sulla libertà dell’individuo, la sacrificabilità di essi necessita pertanto di una valutazione completa, che fornisca maggiori garanzie in termini di corretta valutazione.

Ai fini, per l’appunto, della corretta rivalutazione dei presupposti della emissione della misura, in sede di riesame, il PM è onerato, ex art. 324, terzo comma, c.p.p. alla trasmissione di tutti gli atti su cui si fonda il provvedimento oggetto di riesame, quindi in sostanza, dell’intero fascicolo presentato in precedenza dal PM al giudice che ha adottato la misura, contenente sia gli elementi su cui la richiesta si fonda, sia tutti gli elementi a favore dell’imputato nonché deduzioni e memorie eventualmente depositate.

Si ritiene non debba essere oggetto di trasmissione l’istanza con cui il PM – o la parte civile –  ­ha richiesto la misura cautelare, essendo essa considerata un mero atto di impulso processuale.

Il termine per la trasmissione degli atti dovrebbe essere inteso come perentorio, stante il richiamo operato dall’art. 324, c.7, all’art 309, c.10 c.p.p., il quale prevede espressamente, in caso di mancato rispetto dei termini previsti e salvo eccezionali esigenze cautelari specificatamente motivate, l’inefficacia della misura oltre che l’impossibilità di rinnovarla.

Pertanto, in caso di mancata trasmissione degli atti da parte del PM al Tribunale del Riesame nel termine indicato dall’art. 323 c.p.p., quest’ultimo dovrà annullare il provvedimento gravato (tanto in tema di misure cautelari personali che di misure cauteli reali).

Dott.ssa Marta Mazzone