Testamento olografo: abitualità e normalità del carattere grafico non sono requisiti formali
“La parte che contesti l’autenticità del testamento olografo deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, e l’onere della relativa prova, secondo i principi generali dettati in tema di accertamento negativo, grava sulla parte stessa”.
È quanto statuito dalla sentenza n. 31457 della seconda sezione della Corte civile di Cassazione il 05/12/2018. La decisione impugnata, dichiarava la nullità di un testamento per falsità dello stesso, impedendo ai fratelli germani di succedere al de cuius e, al contrario, rendendo operante la successione ex lege. Una decisione in tal senso veniva fondata sul fatto che, avendo l’erede legittimo disconosciuto il testamento, coloro i quali vantavano pretese successorie alla luce di quanto risultante dalla scheda testamentaria, non avevano assolto l’onere di dimostrare la genuinità di quest’ultima.
La Suprema Corte ha riscontrato in tale ricostruzione l’errore di aver ritenuto sufficiente un mero disconoscimento della scheda, quando invece sarebbe stato onere dell’appellato dimostrarne l’autenticità. L’operato del consulente tecnico d’ufficio non aveva inoltre né apprezzato, né tenuto conto dell’unità dello stile grafico risultante dal raffronto tra la grafia in stampatello, presente sulla scheda, e quella in corsivo riferibile alle scritture di comparazione. Il testamento olografo rientra tra le scritture private, di conseguenza un’azione finalizzata alla dichiarazione di nullità dello stesso, necessita che l’attore dimostri le ragioni della (ritenuta) falsità. Tale considerazione “evita la necessità di individuare un problematico criterio che consenta una soddisfacente distinzione tra la categoria delle scritture private [..] tale da richiedere la querela di falso”.
In altri termini, tentando di rendere meno gravosa la posizione di chi, in virtù di un testamento si professi erede, vista la sua innegabile, intrinseca forza dimostrativa e scongiurando la possibilità di individuare nelle lungaggini della querela di falso, l’unica soluzione del caso. Di conseguenza, l’affermazione del principio di diritto sopramenzionato.
Un altro fondamentale chiarimento reso dalla Corte si riferisce all’impossibilità di esonerare la parte che agisce per la dichiarazione di nullità del testamento, dall’onere di provare la sua falsità, a causa del fatto che questo sia stato redatto in stampatello. E’ pacifico che un carattere grafico “normale e abituale” sia più facilmente individuabile come personale del de cuius, ma l’art. 602 c.c. è chiaro nel prevedere il requisito dell’autografia, senza riferirsi a caratteristiche ulteriori della scrittura e senza richiedere che questa sia agevolmente accertabile: il testatore può non essersi attenuto alla sua “tipica” scrittura, d’altronde questa, come molte cose dell’essere umano, può variare negli anni e subire gli effetti di stati psichici o fisici che non necessariamente devono riferirsi ad una patologia conclamata.
Dott.ssa Martina La Vecchia
Testamento olografo: abitualità e normalità del carattere grafico non sono requisiti formali
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La Suprema Corte ha riscontrato in tale ricostruzione l’errore di aver ritenuto sufficiente un mero disconoscimento della scheda, quando invece sarebbe stato onere dell’appellato dimostrarne l’autenticità. L’operato del consulente tecnico d’ufficio non aveva inoltre né apprezzato, né tenuto conto dell’unità dello stile grafico risultante dal raffronto tra la grafia in stampatello, presente sulla scheda, e quella in corsivo riferibile alle scritture di comparazione. Il testamento olografo rientra tra le scritture private, di conseguenza un’azione finalizzata alla dichiarazione di nullità dello stesso, necessita che l’attore dimostri le ragioni della (ritenuta) falsità. Tale considerazione “evita la necessità di individuare un problematico criterio che consenta una soddisfacente distinzione tra la categoria delle scritture private [..] tale da richiedere la querela di falso”.
In altri termini, tentando di rendere meno gravosa la posizione di chi, in virtù di un testamento si professi erede, vista la sua innegabile, intrinseca forza dimostrativa e scongiurando la possibilità di individuare nelle lungaggini della querela di falso, l’unica soluzione del caso. Di conseguenza, l’affermazione del principio di diritto sopramenzionato.
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