Termine lungo per impugnare: da quando decorre?

Con l’ordinanza n. 30875 del 2018 la Suprema Corte di Cassazione ha affrontato la questione della decorrenza del termine per l’impugnazione di una sentenza.

Nel caso in esame il Tribunale di Roma aveva ritenuto tardivo l’appello presentato solo il 5.2.2016 avverso la sentenza del Giudice di Pace di Roma n. 65647/13 depositata in data 22.05.13, con attribuzione di un cronologico del 2013 (65647/13), di guisa da doversi ritenere al più tardi inserita nell’elenco cronologico al 31.12.13.

Il ricorrente lamentava che il Tribunale avesse dato rilevanza ad una data anziché a quella di deposito effettiva ossia alla data apposta e controfirmata dal cancelliere coincidente con il 10 agosto 2015.
Gli Ermellini ritengono il ricorso fondato.

Infatti, ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., la sottoscrizione da parte del giudice del verbale contenente la sentenza equivale alla pubblicazione della stessa, che viene, immediatamente, depositata in cancelleria.
Non vi è dubbio che rispetto all’art. 133 c.p.c., il secondo comma dell’art. 281 sexies cod. proc. civ. pone una deroga al regime ordinario della pubblicazione della sentenza.

Infatti, ai sensi dell’art. 133 cod. proc. civ. la sentenza è resa pubblica mediante deposito nella cancelleria del giudice che l’ha pronunciata, e, invece, l’art. 281 sexies, comma secondo, cod. proc. civ. anticipa detto momento, prevedendo che la sentenza, dopo che ne siano stati letti dispositivo e motivazione, “si intende pubblicata con la sottoscrizione da parte del giudice del verbale che la contiene”.

A ben vedere, la deroga non è soltanto al primo comma dell’art. 133 cod. proc. civ., ma, anche, alla seconda parte del secondo comma, poiché il cancelliere, quando la sentenza è inserita nel verbale di udienza, letta per intero e sottoscritta dal giudice, è esonerato dall’onere della comunicazione, la quale, oltre ad essere superflua (poiché il testo integrale della sentenza è stato reso noto alle parti mediante la lettura), contrasterebbe con l’intento di semplificazione delle forme perseguito dal legislatore.

Nel caso in esame la Corte rileva che la sentenza in discussione non può ritenersi pubblicata con la firma del verbale di udienza perché, come risulta dallo stesso verbale, alla predetta udienza è stato letto solo il dispositivo, ma non, anche, la motivazione della sentenza.

Piuttosto, in questa ultima ipotesi, la data di pubblicazione della sentenza, sarà quella del deposito in cancelleria della stessa, ai sensi degli artt. 430 e 434 cod. proc. civ..

Sicché il Tribunale, ha errato nel dichiarare inammissibile l’appello per tardività, avendo considerato erroneamente la decorrenza del termine di impugnazione dalla data del verbale di udienza e non invece dalla data di deposito della sentenza stessa rispondente alla data del 10 agosto del 2015.

Per tali motivi la Corte ha accolto il ricorso.

Avv. Gavril Zaccaria