Infarto dopo uno schiaffo, necessaria la prevedibilità dell'evento
“La violenza del comportamento e la direzione dello stesso hanno creato nella vittima, come conseguenza di tale azione, un particolare stato di grande paura per la propria incolumità che ha aggravato le sue già precarie condizioni di salute, scatenando una crisi infartuale. Sebbene vi sia illogicità poiché l’infarto, fonte di pericolo per la vita della persona offesa, troverebbe la sua origine nella preesistente condizione di cardiopatico e non nel ceffone da essa subito”.
È quanto statuito dalla Suprema Corte di Cassazione sez. V Penale con sentenza n. 39436/2018, depositata il 3 settembre, con la quale ha annullato la sentenza impugnata dall’imputato.
Nella fattispecie in esame all’imputato veniva contestato il reato di ingiuria e lesioni ex art. 582 c.p., poiché aveva cagionato alla persona offesa un forte “stress emotivo con infarto del miocardio acuto” provocato da un vigoroso schiaffo.
Sul merito della questione si era pronunciato, inizialmente, il Tribunale di Palermo che aveva condannato l’imputato per aver messo in pericolo di vita la persona offesa, provocandone una malattia che nel corpo e nella mente con successiva incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per 30 giorni.
Nel caso de quo la sentenza di condanna veniva parzialmente riformata dalla Corte d’Appello di Palermo che aveva assolto l’imputato relativamente al fatto di ingiuria, sebbene avvalorasse quanto descritto in relazione al delitto di lesioni gravi.
In extrema ratio l’imputato presentava ricorso lamentando difetto di motivazione e violazione di legge secondo cui non vi sarebbe stata prova che l’imputato fosse a conoscenza della patologia di cui soffriva la persona offesa.
Pertanto, secondo il ricorrente, il giudice aveva erroneamente utilizzato l’articolo 583 c.p., relativo alle circostanze aggravanti presupponendo la conoscenza delle condizioni di salute.
Per gli Ermellini il motivo di ricorso proposto dall’imputato è da considerarsi fondato poiché, in tema di circostanze aggravanti e secondo la teoria pro-reo, è richiesto che le medesime circostanze aggravanti possano essere valutate a carico dell’imputato solo se da lui conosciute ovvero ignorate per colpa.
Dott.ssa Chiara Cavallaro
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È quanto statuito dalla Suprema Corte di Cassazione sez. V Penale con sentenza n. 39436/2018, depositata il 3 settembre, con la quale ha annullato la sentenza impugnata dall’imputato.
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Sul merito della questione si era pronunciato, inizialmente, il Tribunale di Palermo che aveva condannato l’imputato per aver messo in pericolo di vita la persona offesa, provocandone una malattia che nel corpo e nella mente con successiva incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per 30 giorni.
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Dott.ssa Chiara Cavallaro
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