Illecito amministrativo: il termine di contestazione decorre dall’accertamento e non dalla percezione del fatto

Il termine di 90 giorni previsto per la contestazione della violazione comincia a decorrere dal momento in cui è compiuta o si sarebbe dovuta compiere, anche in relazione alla complessità o meno della fattispecie, l’attività amministrativa volta a verificare tutti gli elementi dell’infrazione”.

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 16286/2018 depositata il 20.06.2018 si è pronunciata in materia di sanzioni amministrative derivanti dalla violazione del divieto di comunicazione a persone interessate.

La vicenda traeva origine da un un’ordinanza di ingiunzione emessa dal Garante per la protezione dei dati personali – a seguito della segnalazione di un paziente – ai danni di una Casa di Cura alla quale veniva contestata la violazione del divieto di comunicazione a persone diverse dall’interessato ex art. 5 L. n. 135/1990.

Nello specifico i medici della predetta Casa di Cura avevano comunicato al medico di base del paziente l’esito della diagnosi effettuata per individuare se il paziente fosse o meno portatore del virus HIV.

Avverso la suindicata ordinanza la Casa di Cura proponeva ricorso dinanzi al Tribunale di Padova eccependo la decadenza della contestazione dell’infrazione amministrativa in quanto notificata dal Garante per la protezione dei dati oltre il termine di 90 giorni stabilito dall’art. 14 L. n. 689/1981.

La predetta norma dispone espressamente che “la violazione, quando è possibile, deve essere contestata immediatamente tanto al trasgressore quanto alla persona che sia obbligata in solido al pagamento della somma dovuta per la violazione stessa. Se non è avvenuta la contestazione immediata per tutte o per alcune delle persone indicate nel comma precedente, gli estremi della violazione debbono essere notificati agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all’estero entro il termine di trecentosessanta giorni dall’accertamento.”

Il giudice di prime cure, ritenendo fondata l’eccezione di decadenza sollevata dalla ricorrente accoglieva integralmente l’opposizione proposta.

Avverso la sentenza del Tribunale di Padova, il Garante per la protezione dei dati proponeva ricorso per cassazione lamentando la violazione dell’art. 14 L. n. 689/1981 ritenendo che il Tribunale avesse erroneamente accolto l’eccezione di decadenza sollevata da parte avversa non tenendo conto del fatto che in tema di sanzioni amministrative il termine di 90 giorni per la notifica degli estremi della violazione di cui all’art. 14 L. n. 689/1981 decorre dal compimento dell’attività di verifica della sussistenza di tutti gli elementi oggetti e soggettivi dell’illecito, dovendosi considerare anche il tempo necessario all’amministrazione per valutare tutti gli elementi acquisiti.

La costante giurisprudenza dei giudici del Palazzaccio aveva affermato che “l’accertamento non coincide con la generica ed approssimativa percezione del fatto, ma con il compimento delle indagini necessarie per riscontrare l’esistenza di tutti gli elementi dell’infrazione.…il procedimento di accertamento della violazione è finalizzato a consentire all’amministrazione di avere piena contezza degli estremi, oggettivi e soggettivi della condotta realizzata, nonché della sua ricomprensione nella fattispecie astratta prevista dalla norma sanzionatoria. La correttezza e completezza dell’accertamento rispondono pertanto all’interesse pubblico connaturato alla funzione svolta dall’ente accertatore, ma anche a quello dello stesso autore della condotta al fine di un’adeguata ponderazione della sua eventuale responsabilità. A tali esigenze si contrappone quella dell’ipotizzato autore della condotta di vedere concluso l’accertamento in tempi brevi e occorre quindi effettuare una valutazione di ragionevolezza dei tempi impiegati per l’accertamento al fine di ritenerne la complessiva congruità o meno rispetto alla duplice esigenza sopra individuata

Alla luce di quanto esposto sopra, la Suprema Corte di Cassazione riteneva fondato il motivo denunciato dal Garante e pertanto accoglieva integralmente il ricorso proposto.

Dott. Matteo Pavia