Violenza domestica: necessaria la custodia cautelare in carcere per pericolosità sociale

Inidoneità della misura domestica con lo strumento di controllo elettronico, secondo una valutazione della concreta gravità dei reati commessi desunta dal fatto che l’indagato, oltre ad avere dato prova di essere particolarmente violento, ha reso evidente di essere legato da rapporti amicali con uomini senza scrupoli, disponibili a picchiare, su richiesta del ricorrente, persone indifese”.

È quanto statuito dalla Suprema Corte di Cassazione sez. VI Penale con sentenza n. 15864/2018, depositata il 10 aprile, con la quale ha confermato la misura coercitiva della custodia cautelare in carcere nei confronti dell’imputato e ha altresì condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Nella fattispecie in esame l’imputato era accusato di maltrattamenti in danno alla compagna e ai figli minori ex art 572 c.p., avendo posto in essere una condotta diretta, in modo non equivoco, a cagionare lesioni personali e percosse e procurando grave nocumento alle vittime.

Nel caso de quo il Tribunale del Riesame di Roma aveva confermato l’ordinanza del GIP sull’applicazione della custodia cautelare in carcere, ritenendo la misura degli arresti domiciliari inadeguata a contenere la pericolosità sociale del soggetto ed evitare la possibilità di reiterazione del reato.

L’imputato, successivamente, presentava ricorso lamentando l’inadeguatezza della misura cautelare a lui applicata perché considerata di eccessiva gravità rispetto al fatto.

Per gli Ermellini il ricorso è da considerarsi privo di fondamento e, uniformandosi alle precedenti pronunce, ha confermato l’applicazione della custodia cautelare in carcere avendo l’indagato dato prova della sua effettiva pericolosità sociale essendo legato amicalmente con soggetti dediti alla delinquenza e disposti a picchiare persone indifese su semplice richiesta dell’imputato.

Dott.ssa Chiara Cavallaro